Napolitano preoccupato dal decreto e dal destino della parata del 2 giugno

RomaPer ora, il Quirinale osserva in silenzio (ma facendo trapelare una certa preoccupazione) il gran bailamme in corso nel governo e nella maggioranza sulla manovra bis, con poste di bilancio che vanno e vengono come mariti e amanti in una pochade di Feydeau e tagli strutturali annunciati un giorno e smentiti l’indomani.
La sua sull’argomento, Giorgio Napolitano tornerà a dirla sabato prossimo, intervenendo in videoconferenza al meeting di Cernobbio, e i toni saranno analoghi a quelli del severissimo richiamo rivolto a maggioranza e opposizione dieci giorni fa da Rimini. Ma intanto, dietro al forte attivismo e ai rimbrotti al governo rivolti ieri dal presidente del Senato Renato Schifani, ci sarebbero anche le preoccupazioni del Colle, di cui la seconda carica dello Stato si è fatta interprete. A Schifani è toccato disdire la conferenza dei capigruppo di Palazzo Madama, che avrebbe dovuto decidere l’iter del decreto, a causa delle continue modifiche che il testo sta subendo. Ha convocato nel suo studio un vertice di maggioranza e ha assestato una tirata d’orecchie all’esecutivo, invitandolo a darsi una regolata e a presentare «in tempi immediati» le proposte emendative, ricevendo il plauso della presidente dei senatori Pd, Anna Finocchiaro, consapevole dell’asse Quirinale-Palazzo Madama: «Schifani cerca di introdurre un principio di responsabilità nel comportamento irresponsabile del governo». Non a caso poi lo stesso presidente del Senato ha prontamente accolto la richiesta di un incontro rivoltagli dalle opposizioni: un segnale nella direzione di quella «responsabilità bipartisan» tante volte invocata da Napolitano e finora ignorata dal centrodestra, e certo non assecondata dal centrosinistra, arroccato nel no.
Napolitano appena quindici giorni fa aveva ricevuto, analizzato e apposto la propria firma su un decreto che in due settimane è già cambiato più volte prima ancora di approdare in Parlamento, e la cui penultima stesura è stata concordata in un vertice ad Arcore, fuori da ogni sede istituzionale e per di più in assenza del sottosegretario alla presidenza del Consiglio Gianni Letta, che da sempre è il principale mediatore tra governo e Quirinale. L’incertezza sul testo del decreto che alla fine arriverà all’esame delle commissioni e dell’aula, e soprattutto sulle cifre e su quei saldi ballerini che il governo non ha ancora spiegato come verranno rispettati preoccupa molto il presidente della Repubblica, che teme un iter tormentato e conflittuale in Parlamento.

E che tra l’altro, a quanto riferiscono fonti vicine al Colle, non ha ancora ricevuto dal governo alcuna risposta su un problema preciso che era stato a suo tempo segnalato: il destino della festa della Repubblica, quella del 2 giugno, che per il suo significato simbolico andrebbe risparmiata dalla soppressione inflitta alle altre festività civili. Insomma, giù le mani dalla parata.

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