Napolitano in silenzio stampa fino al discorso di Capodanno

RomaQuando si dice: una parola è già troppo. Il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, si ripromette di non aggiungere altro, almeno fino al messaggio di fine anno. Avverte la sovraesposizione mediatica cui il clima rovente di questo periodo l’ha costretto. Si sente tirato per la giacca dalle forze politiche. Cerca di far rientrare nei ranghi istituzionali ogni ulteriore intervento ben sapendo che, in una fase così delicata, il rischio di essere mal interpretato è massimo. Finendo magari per vanificare il timido tentativo di dialogo fra i due poli che il Quirinale ha più volte spronato a percorrere.
Intervenendo alla comunità di Sant’Egidio a Trastevere, il Capo dello Stato lascia trapelare l’intimo sentire di uomo riservato e poco incline a qualsiasi tipo di eccesso verbale. Parla dopo aver visto un documentario sull’attività dell’associazione e aver incontrato un piccolo gruppo di immigrati, cui rivolge un auspicio che sa di suggerimento: «Integratevi rimanendo voi stessi». A un insegnante che racconta del grande interesse mostrato dagli immigrati nei confronti della lingua nazionale, il Presidente precisa: «Non c’è bisogno che queste persone siano obbligate a imparare l’italiano».
Ma quando si tratta di rivolgere un saluto finale, Napolitano quasi si scusa: «Non più una parola in pubblico - dice -, fino al messaggio di fine anno agli italiani del 31 dicembre... È quanto ho detto a me stesso: di parole ne ho dette molte in questi giorni». Parole diventate titoloni di giornali e, talvolta, persino il contrario di quanto il Presidente voleva far intendere.


Davanti a dirigenti e volontari della comunità, il Presidente non lesina complimenti per l’«alto senso della vostra missione». E continua spiegando che «quello che ho visto incontrandovi credo si possa riassumere nelle parole di sofferenza e solidarietà e spero che mi ispiri per il messaggio di fine anno».

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