Cronache

Nasce il partito dei traditori di partito

Nasce il partito dei traditori di partito

Paola Setti

E poi ci sono quelli controcorrente. No, non è che non hanno capito come si vota, scambiando il sì per il no e viceversa. Semplicemente ci hanno pensato bene, si sono informati sul serio e poi hanno deciso di fare di testa propria, che il partito mica l’hanno sposato, e poi anche se fosse. Se persino Gianfranco Fini che è il capo può permettersi di dire che voterà quattro sì alla faccia della linea astensionista di An, e se persino Francesco Rutelli il leader della Margherita può dire che si astiene con tanto saluti a Prodi e «compagni», figurarsi se non si può scegliere in coscienza qui, in periferia. Accade così che due esponenti politici liguri, uno di destra e una di sinistra, abbiano voluto far sapere al mondo che la loro posizione personale non va mischiata con nient’altro che non sia la loro libertà di pensiero. Ecco, è anche questo. Al credo liberale si rifanno entrambi, Glauco Berrettoni di An, vicepresidente della Circoscrizione Medio Levante, e Maria Grazia Barbieri, un ruolo di punta nel movimento «referendari libertari animalisti», che sostenne Claudio Burlando alle scorse elezioni regionali sotto il simbolo del «Patto Liberaldemocratici».
Lui dice che voterà sì, come Fini ma non per le ragioni di Fini e anzi più di Fini, che il leader di An ne barrerà tre di sì, Berrettoni quattro. Lei scandisce che si asterrà, ebbene sì, per una volta il movimento referendario dovrà fare a meno del suo voto. La mette così, la sua astensione: «Non per scelta confessionale, non per affossare l’istituzione referendum che continuo a sostenere, ma per una scelta di libertà, perchè è un mio diritto, perché finché ci sarà il quorum (che ho sempre proposto di eliminare) l’astensione è a tutti gli effetti una alternativa praticabile». E e al sessantottino urlo di: «L’embrione è mio e me lo gestisco io», chiarisce che «come donna non voglio servire da alibi per una ricerca che eticamente non accetto», aggiunge che «non voglio perdere i miei diritti sui miei embrioni, anche quelli non utilizzati», paventa la clonazione, richiama all’attenzione il fatto che «se l’obiettivo è la salute della donna e la fecondazione medicalmente assistita, almeno due referendum sono fuori tema».
Spiega invece Berrettoni che il suo «sarà un voto sofferto, ma dato con la convinzione che, in questo caso, la coscienza debba pronunciarsi al di fuori degli schieramenti e al di fuori di convinzioni religiose o ideologiche». L’errore fino a qui, dice, è stato « il tono da crociata e controcrociata che hanno prodotto da una parte un laicismo sfrenato e anticlericale, dall’altra un tradizionalismo e un fondamentalismo altrettanto radicali». È ora di dar voce alla «marea guelfa», spiega, che voterà solo secondo coscienza.

Perché «qui non è in ballo un confronto fra cattolici e laici, destra e sinistra, ma la possibilità per la nostra coscienza di pronunciarsi su una disciplina, la bioetica, che non si rivolge a casi astratti o teorici (cos’è il bene o il male), ma a quelli decisamente pratici, che implicano, sempre, una scelta».

Commenti