Gian Micalessin
Ora è caduta anche lultima finzione. Ora è guerra vera e il premier libanese Fouad Siniora deve dimostrare di saper correre sul filo del rasoio. A ricordarglielo, a fargli sentire sul collo il fiato caldo di Hezbollah e della guerra civile, ci pensa come sempre Hassan Nasrallah, il segretario generale del Partito di Dio: si muove con la freddezza del killer prezzolato, del sicario capace di minacciare e atterrire con un soffio di voce. Sceglie come sempre gli schermi di Al Manar, la tv del partito, e lancia lultimo avvertimento.
«Ci sono due soluzioni per risolvere la crisi, una è quella di dar vita a un governo di unità nazionale, laltra è quella di convocare elezioni anticipate», spiega Nasrallah con il tono di chi offre al premier di scegliere tra la padella e la brace. Poi rivolgendosi ai suoi militanti li invita a prepararsi mentalmente per la nuova battaglia. «Dobbiamo essere psicologicamente pronti a scendere in piazza perché questa potrebbe essere una delle mosse necessarie», avvisa Nasrallah evitando con cura ogni riferimento ad atti violenti pur senza escluderli.
«Non vogliamo incidenti e disordini... ma portando in piazza un milione di persone è difficile dar garanzie anche se non permetteremo nessuno scontro, neppure se loro (le forze anti siriane, ndr) metteranno in piedi una contro-dimostrazione», precisa Nasrallah con il tono candido di chi si prepara a mobilitare non una milizia armata, dimostratasi capace di tener testa allesercito israeliano, ma il corpo delle crocerosssine.
Il tono mellifluo del discorso maschera però i veri obbiettivi. In particolare quando Nasrallah ricorda che «lautorità è sempre più debole e sempre più allo sbando, soprattutto dopo lultima guerra israeliana in Libano». Il ricatto è lo stesso contenuto in tutti i discorsi dellultimo mese. Ma ora, a differenza di un mese fa, i nodi sono al pettine e anche Hezbollah e i suoi alleati devono muoversi in fretta.
Nonostante la lettera di delegittimazione del presidente Emile Lahoud pronto a usare le dimissioni di cinque ministri sciiti e di un proprio alleato sunnita per sconfessare loperato del governo, Siniora non si è fatto intimorire. Lui e i 17 ministri rimasti hanno dato il benestare al trasferimento allestero del processo per lassassinio dellex primo ministro Hariri e oggi il Consiglio di sicurezza potrebbe approvare la creazione di una Corte internazionale. Il via libera a quel Tribunale rappresenterebbe il primo duro colpo ai piani di Hezbollah, di Lahoud e di tutte le altre forze manovrate da Damasco. Quel via libera non garantirà, però, la sopravvivenza del governo Siniora.
Lobbiettivo numero due nel piano di Hezbollah e dei suoi protettori è impedire lo smantellamento delle milizie sciite e il ritorno dellautorità statale su quei territori a sud del Litani dove oggi sono dispiegati i caschi blu italiani e il resto della forza Unifil. Quel secondo obbiettivo è per Nasrallah e per i suoi mandanti internazionali questione di vita e di morte. Per raggiungerlo, mettendo fuori gioco il governo di Siniora, Hezbollah e alleati sono pronti a ogni mezzo. Il più semplice e immediato sarebbe convincere altri tre ministri allabbandono raggiungendo quel quorum di un terzo più uno di ministri dimessi che impone automaticamente elezioni anticipate.
Laltra strada è nella lettera di Lahoud, che definisce illegittimo il via libera del governo al progetto di una Corte internazionale. A dar retta al presidente filosiriano, la Costituzione esige un governo espressione di tutte le componenti del Paese e un esecutivo senza più ministri sunniti sarebbe, dunque, fuori legge.
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