Natale in città, ricorrenza a luci «soffuse»

Tema: «Tra venti giorni è Natale». Svolgimento: «A Milano non sembra». Mettiamola così, quantomeno per tirarci un po' su il morale, parafrasando le vecchie ma fulminanti barzellette di Pierino. In realtà, c'è ben poco da scherzare. Perché a patto di esserci ormai assuefatti al preoccupante piattume estetico della nostra città, a un occhio minimamente accorto non può sfuggire il desolante spettacolo offerto dal centro di Milano in questi giorni, a meno di tre settimane dal Natale. Solo ritardi? Speriamo. Ma intanto le vie più famose, anche molte di quelle che sarebbero commerciali per vocazione, paiono aver rinunciato al conforto delle luci, all’allegria degli addobbi, a un seppur timido accenno di sottofondo musicale. Per non parlare dei profumi. E se sembra tanto lontano il «caldo» Christmas della Quinta strada di New York, con gli scampanellii cinematografici dei suoi rossi Santa Klaus, lo sono anche quelli più prossimi di Oxford Street a Londra, degli Champs Elisée a Parigi o delle Ramblas di Barcellona. Per non dire di quelli, vicinissimi, di una qualsiasi città della provincia italiana, da Parma a Bari.
Ovunque, insomma, è meglio. Mentre qui, vivaddio, lo scenario è così intriso di mestizia che sarebbero ben accolte anche le nenie «seganervi» degli zampognari abruzzesi. E invece... Vi siete guardati in giro? Milano sembra la stessa degli altri undici mesi dell'anno, quasi sprofondata in un grigiore prodiano. Si sono accese in extremis, è vero, le luminarie di Corso Buenos Aires, riscattandolo così da un buio che sarebbe suonato come un oltraggio al vecchio cuore pulsante dei consumi meneghini, pur se ora divenuto «struscio» diurno di bulgari e rumeni. E brilla senza esagerare via Dante.

Ma bulgaro sul serio risulta il salotto di corso Magenta, dove abbondano i soliti mendicanti e storpi di professione appostati o inginocchiati fuori dai negozi, qui di luci non ne brilla neanche una, tolta la buona volontà individuale dimostrata da qualche negoziante (...)

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