
Un medico di 63 anni, Giuseppe Reina, attualmente in servizio nel sistema pubblico sanitario di Catania, è stato sospeso dall'incarico perché indagato per violenza sessuale. Secondo l'accusa quando era primario di un reparto nell'ospedale di Paternò, avrebbe tenuto "comportamenti espliciti finalizzati a ottenere prestazioni sessuali da personale femminile della struttura" forte del suo ruolo gerarchico, anche "durante i turni di lavoro". Il gip ha ravvisato gravi indizi per uno solo dei diversi casi contestati dalla Procura, quello ai danni di una collega medico chirurgo che "avrebbe costretto a subire atti sessuali". Il medico sospeso dal gip di Catania per un anno nell'ambito di un'inchiesta per una presunta violenza sessuale nei confronti di una dottoressa quando lui era primario all'ospedale di Paternò è l'attuale direttore sanitario dell'Azienda sanitaria provinciale (Asp) di Catania.
La violenza
Il provvedimento restrittivo è stato eseguito da personale della squadra mobile della Questura e della sezione della polizia della Procura, che hanno indagato sul caso. Secondo l'ufficio della Procura specializzato in reati contro le fasce deboli, l'indagato avrebbe agito sulla base "dell'abuso dell'autorità e anche nel timore", da parte delle vittime, di "subire pregiudizi nella sfera professionale". I fatti sarebbero avvenuti nell'ospedale e sarebbero stati ripresi da un impianto di videosorveglianza. Di più episodi contestati dalla Procura, il gip ha ravvisato però i gravi indizi di colpevolezza per una sola violenza sessuale, "commessa ai danni di una collega medico chirurgo. Approfittando dello stato di soggezione della vittima, come conseguenza della sua condizione di subordinata - contesta la Procura - l'avrebbe indotta a subire atti sessuali". Episodi avvenuti anche in presenza di pazienti, con Reina che avrebbe fatto "avances sessuali alla dottoressa", con "gesti rapidi tali da impedire alla vittima di sottrarsi alla sua azione, di difendersi e, comunque, di manifestare il suo dissenso". I fatti contestati, secondo quanto ricostruito dalla Questura di Catania, sarebbero stati commessi dal dicembre del 2018 al settembre del 2024. In molteplici casi la condotta si sarebbe realizzata con comportamenti realizzati all'interno del nosocomio, mediante gesti rapidi tali da impedire alla vittima di sottrarsi alla sua azione, di difendersi e comunque di manifestare il proprio dissenso.
La replica del legale
All'agenzia di stampa Ansa ha parlato l'avvocato Rosario Pennisi che assiste Giuseppe Angelo Reina. "Le accuse non hanno retto davanti al gip, in caso di ricorso della Procura, davanti il Tribunale del riesame. A fare avviare l'inchiesta è stata una dottoressa che era una stalker del mio assistito, come abbiamo dimostrato ampiamente facendo vedere lettere e messaggi che inviava al suo ex primario. L'unico episodio contestato è avvenuto in sala operatoria e non era un gesto violento. E lui è vittima del fango che adesso è stato sollevato".
Niente carcere, ma sospensione dal servizio
Alla luce delle indagini della polizia e, secondo l'impostazione accusatorie, della gravità dei fatti contestati e della molteplicità delle vittime, la Procura aveva chiesto nei confronti dell'indagato l'emissione di un'ordinanza di custodia cautelare in carcere.
Richiesta che il gip ha rigettato ritenendo invece, per un solo episodio contestato, di emettere la misura interdittiva della sospensione delle funzioni pubbliche per dodici mesi in aziende ospedaliere, aziende sanitarie e, più in generale, in strutture sanitarie pubbliche o a partecipazione pubblica. La Procura si è "riservata di impugnare il rigetto" dell'arresto dell'indagato da parte del gip.