
Un sistema ben rodato, fatto di tangenti, incarichi su misura e informazioni riservate che sarebbero state spifferate in anticipo per pilotare appalti sanitari per 130 milioni di euro. A scoperchiarlo, la Guardia di Finanza di Palermo che, coordinata dalla procura del capoluogo siciliano, ha eseguito stamattina un’ordinanza di custodia cautelare nei confronti di 10 persone – tra imprenditori, manager pubblici, professionisti e faccendieri – indagate, a vario titolo, per corruzione, turbata libertà degli incanti, turbata libertà nel procedimento di scelta del contraente, emissione e utilizzo di fatture per operazioni inesistenti.
Per otto dei 15 indagati complessivi (ma sono state coinvolte anche sette aziende) sono scattate misure interdittive, obblighi di dimora o di presentazione alla polizia giudiziaria. Due gli arrestati, entrambi ai domiciliari: si tratta di Antonino Maria – detto “Ninni” - Sciacchitano, 65 anni, commercialista e revisore contabile, già presidente del collegio sindacale dell’ospedale Civico di Palermo, componente dell’organismo indipendente di valutazione dell’Asp di Trapani e della commissione regionale di valutazione dei manager della sanità pubblica, e di un imprenditore campano residente a Castellammare di Stabia, Catello Cacace, 61 anni.
Come detto, stando alla ricostruzione degli inquirenti, gli indagati avrebbero messo in piedi un complesso sistema illecito finalizzato a condizionare l’esito di gare pubbliche nella sanità siciliana. Il gruppo avrebbe messo le mani su appalti per oltre 130 milioni di euro, gare bandite da strutture sanitarie siciliane per la fornitura di apparecchiature biomediche e servizi di vario tipo. In alcuni casi gli indagati avrebbero fornito agli imprenditori che volevano favorire documentazione segretata in anticipo, in altri, stando alle risultanze dell’indagine, i bandi sarebbero stati “sartoriali”, ossia redatti ad hoc per le imprese che dovevano vincerli: si andrebbe dai capitolati “dettati” su indicazioni esterne addirittura ai componenti delle commissioni giudicatrici selezionati in base all’affidabilità e vicinanza ai referenti. E se le condizioni non erano gradite, i bandi sarebbero stati annullati per evitare sgradite sorprese.
In cambio di questo trattamento di favore, i pubblici ufficiali coinvolti avrebbero incassato mazzette “coperte” con contratti di consulenza, regalie, favori personali (tra questi l‘assunzione di familiari da parte degli imprenditori “aiutati”) e promesse di denaro. In alcuni casi, per giustificare il passaggio di denaro illecito, il gruppo utilizzava fatture emesse per operazioni inesistenti.
Centrale nell’organizzazione, sempre secondo l’ipotesi della procura di Palermo, sarebbe la figura di Ninni Sciacchitano, considerato anello di congiunzione tra la sfera pubblica e quella privata, grazie alla fitta rete di relazioni coltivata nei decenni e ai numerosi incarichi istituzionali ricoperti in ambito sanitario. Proprio nel suo studio, nel corso di una perquisizione effettuata qualche settimana fa, sono stati trovati e sequestrati oltre 44 mila euro in contanti, più altri 3mila che il professionista aveva con sé al momento del controllo.
L’inchiesta, condotta dal Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria delle fiamme gialle del capoluogo siculo, si è avvalsa di intercettazioni, pedinamenti e analisi documentali, e ha smantellato quello che, secondo la procura, era un
sistema di distorsione della concorrenza che oltre a danneggiare le aziende “fuori dal giro” gravava anche sui cittadini, utenti finali dei servizi sanitari, aumentando il costo degli stessi a scapito della loro efficienza.