Armani, addio in nome della bellezza

Lo stilista torna a casa: nella chiesa di Rivalta fiori bianchi e l'Ave Maria di Schubert

Armani, addio in nome della bellezza

nostro inviato a Rivalta (Piacenza)

In un giorno di cielo livido, alle 14.53 di ieri, Giorgio Armani è arrivato nella sua Rivalta, perché indipendentemente da come la si pensi, morire è tornare a casa. Lo stilista scomparso il 4 settembre era nato l'11 luglio di 91 anni fa a Piacenza. Era il grande milanese sì, ma screziato di inflessioni piacentine. È qui a Rivalta che sono seppelliti la sua mamma Maria, il padre Ugo e il fratello Sergio. È qui che troneggia, in mezzo al cimitero del luogo, la cappella di famiglia in puro stile Re Giorgio ed è qui che ha scelto di risiedere anche lui dopo la cremazione e la tumulazione di mercoledì, malgrado l'offerta del prestigioso Famedio di Milano (dove nel frattempo si sono aperte polemiche per alcune assenze illustri alla camera ardente che ha visto sfilare 16mila persone). Ieri, nel borgo medievale (Armani avrebbe sempre voluto comprare il castello dal conte Orazio Zanardi Landi), si è svolto il funerale del grande stilista. Solo sessantadue persone scelte tra parenti, amici e collaboratori, perché non si è mai sottomesso ad alcuna compagnia e l'ultimo giorno non ha fatto eccezione. Ed è andata in scena l'ennesima dimostrazione del fatto che il signor Armani non era solo un uomo, era una forza di gravità, un intero pianeta. Alle undici del mattino, nella stessa chiesa San Martino, don Giuseppe Busani, il parroco di Rivalta che ha tenuto l'omelia incentrata sulla «bellezza», ha celebrato un matrimonio. A distanza di poche ore, lo scenario è completamente, silenziosamente, impeccabilmente cambiato per accogliere la cerimonia dello stilista. Ognuno dell'operosissimo staff in completo nero conosceva a memoria le proprie mosse. Quattro corone di rose bianche disposte a un lato della chiesa (Leo, Giancarlo e famiglia; tua sorella Rosanna; Silvana e Marilena; Michele), quattro dall'altro (tuo nipote Andrea con Alessia, Mavi e Margherita; Roberta e Paolo; Michele, Bianca e Francesca; con tanto affetto, i tuoi dipendenti) consegnate da Pastor Flowers di Milano, altri fiori recapitati da Alloni di Piacenza. Il vuoto pieno di tutte le scenografie armaniane e la scomparsa, in un attimo e come per magia, di qualunque cosa potesse offendere la vista. Alle 14.15 i dirigenti della Digos, elegantemente vestiti di blu, hanno fatto uscire tutti dal borgo. Transenne, silenzio, fotografi, giornalisti e adoranti (c'è una signora che piange con una rosa bianca in mano, un altro con una t-shirt che riporta l'inconfondibile aquila e dice di essere stato invitato dal sindaco a cantare...) sistemati ai due lati Strada Provinciale 12 di Val Trebbia. Iniziano ad arrivare le auto con a bordo gli ospiti: da Rosanna Armani sulla Bentley del fratello, a Silvana, Roberta, Andrea Camerana, la moglie e i figli e poi il compagno e braccio destro Leo Dell'Orco, i manager, i collaboratori più stretti, gli amici... cinque minuti prima che arrivi il feretro l'unico brevissimo intoppo con l'entusiasta musica degli sposi accanto che esplode per qualche secondo. Ma il volume si abbassa subito e arriva lui.

L'auto con il feretro si arrampica per la piccola salita del castello, entra nel borgo, passa davanti a La Locanda del Falco, luogo adorato da Re Giorgio, dove si narra avesse un tavolo fisso («l'ultima volta che l'ho visto mi ha abbracciata così a lungo che ho capito che forse non ci saremmo incontrati più...» ricorda la proprietaria del ristorante Sabrina Piazza).

Alle 15 precise inizia il funerale a Rivalta, a Milano gli uffici del gruppo si spengono e i negozi abbassano le serrande, a Piacenza i commercianti del centro storico abbassano le luci delle vetrine. Una funzione di una quarantina di minuti, l'Ave Maria di Schubert, O sacrum convivium e il requiem di Verdi, don Busani che fa una lettura tratta dal libro della Genesi: racconta di come Dio collochi l'uomo in giardino e ne custodisca la bellezza «e credo proprio che Armani sia stato un maestro in questo con il suo stile singolarissimo». E poi un brano dal Vangelo di Giovanni, dove il Signore dice che va a prepararsi un posto in cielo «come ci auguriamo faccia lui».

Alle 16.13 il feretro lascia la chiesa e ripercorre il vialetto del borgo scortato da sei uomini dell'impresa San Siro con abito scuro e guanti bianchi. Suonano le campane a morto e l'auto riprende la statale verso Piacenza e non verso il cimitero di Rivalta dove mercoledì, o forse già oggi, Armani sarà tumulato vicino ai suoi familiari dopo la cremazione. Ieri, dall'ingresso del cimitero fino alla cappella di famiglia, era stato predisposto un tragitto di rose bianche.

È seguendo quella strada tracciata che tornerà a casa davvero: vicino al suo fiume Trebbia che borbottando e intorbidendosi sui sassi lisci nei giorni di abbondanza gli ha ispirato il colore greige, in questa terra dove la gente crede ancora che a tavola non si invecchi e che non va scossa perché ieri, nel dirgli addio, era piena di lacrime. Proprio come i milanesi che grazie a lui hanno capito come si fa ad essere milanesi. Ma ora Giorgio vuole sistemarsi qui, dove riposano tutti i suoi affetti. Un pretesto per tornare bisogna sempre seminarselo dietro.

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