
Da oggi - 30 settembre - è partito quello che si può definire il censimento degli autovelox presenti sulle strade italiane. Città, Province e forze dell'ordine dovranno inserire i dati dei dispositivi che utilizzano per garantire la sicurezza stradale sulla piattaforma messa a disposizione del ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti. Un elenco che sarà accessibile anche dal portale dell'Automobilista. L''operazione nasce per volontà del dicastero - guidato da Matteo Salvini - il cui fine è quello di sapere quanti sono gli apparecchi in funzione. Le varie amministrazioni e gli operatori - polizia stradale, carabinieri e polizia locale - dovranno inserire tutto entro il 30 novembre. Poi scatta la tagliola. In altre parole: se un conducente prende una multa con un velox che non è registrato, quella multa non avrà valenza.
Nella registrazione delle varie apparecchiature, si dovrà dichiarare marca, modello, numero di matricola e approvazione. Un pedigree elettronico che verrà inserito nella manca dati, disponibile per tutti. Dando quadro completo di tutta Italia.
"Finalmente arriva la piattaforma. Come Comuni e polizie locali non vediamo l’ora di inserire tutti i dati che anche il ministero già conosce. Grazie al decreto Infrastrutture la trasmissione è condizione necessaria per la legittimità d’uso degli autovelox - commenta Luigi Altamura, comandante della polizia locale di Verona - Avremo una fotografia certificata e, ad esempio, nella mia provincia risulteranno il numero degli autovelox della Stradale, del Comune di Verona e quelli della provincia. Nulla più, nulla meno". C'è di più: «Il censimento promette indirettamente di sgretolare leggende che da anni alimentano polemiche come quello che esisterebbero 13 mila autovelox. Con i dati ufficiali, sono certo che quella cifra fantasma verrà archiviata una volta per tutte».
Il problema che nasce ora è quello dell'omologazione. Sì perché l'art. 142 del CdS chiarisce che le apparecchiature devono essere "debitamente omologate". Sulla carta tutto regolare. Il problema è che da 33 anni manca il decreto che stabilisce chi e come debba omologare gli autovelox in dotazione ai vari enti. Palazzo Chigi aveva inviato un testo alla Commissione Ue, ma dopo l'inizio delle polemiche il governo ha deciso di ritirare il suo provvedimento. Risultato: una moltitudine di verbali rimasti appesi ad un filo, dato che la Cassazione ha dichiarato che i termini "omologazione" e "approvazione" non sono sinonimi, permettendo l'annullamento di non poche sanzioni.
Una situazione giuridica da non prendere sotto gamba. Se da un lato Roma chiede agli enti locali trasparenza, dall'altro manca il decreto che fissa le regole in materia, aprendo le porte dei tribunali ai ricorsi di tutti quegli automobilisti che non vogliono pagare, né perdere punti sulla patente.
D'altronde fin dall'alba dei tempi i cittadini hanno puntato il dito contro Sindaci e province, accusati di usare gli autovelox solo per fare cassa, ignorando, forse, che è la Prefettura - quindi organi del governo - a concedere le autorizzazioni.