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Bologna, violenze e devastazioni durante Virtus–Maccabi. Una vergogna per la democrazia

Mentre al PalaDozza si giocava una partita sotto un clima surreale, nel cuore della città esplodeva una violenza cieca che nulla ha a che vedere con la protesta, nulla con la Palestina, nulla con il conflitto mediorientale

Bologna, violenze e devastazioni durante Virtus–Maccabi. Una vergogna per la democrazia

La serata che avrebbe dovuto celebrare lo sport, la sfida di Eurolega tra Virtus Bologna e Maccabi Tel Aviv, si è trasformata in una delle pagine più tristi per Bologna e per il nostro Paese. Mentre al PalaDozza si giocava una partita in un clima surreale, nel cuore della città esplodeva una violenza cieca che nulla ha a che vedere con la protesta, nulla con la Palestina, nulla con il conflitto mediorientale.

Quella che si è vista per le strade è stata l’azione di gruppi organizzati, pronti a sfruttare qualsiasi pretesto pur di trasformare la città in un teatro di scontri e devastazione. Bombe carta, fumogeni, idranti, cassonetti incendiati, barricate costruite con materiale di cantiere, auto danneggiate, negozi colpiti, intere zone isolate. La scena che Bologna ha dovuto sopportare non ha nulla del dissenso democratico e tutto della violenza premeditata. Una città aggredita nel proprio cuore, piegata da una minoranza che non ha alcun interesse a esprimere un’opinione, ma solo a imporre il caos. Le tensioni tra Comune e Governo nei giorni precedenti non giustificano in alcun modo ciò che è accaduto. La politica discute, la democrazia gestisce le differenze: la violenza, invece, travolge tutto, senza lasciare spazio al dialogo.

Bisogna dirlo con coraggio e senza paura: chi incendia e devasta le nostre città non è un attivista bensì un delinquente. È necessario dirlo con assoluta chiarezza: chi incendia cassonetti, chi costruisce barricate, chi prepara e lancia bombe carta, chi distrugge auto, negozi, spazi pubblici, chi devasta i beni di cittadini che lavorano tutto il giorno onestamente, non può essere definito un manifestante. Non rappresenta alcuna causa, alcuna idea, alcuna battaglia civile. Bisogna chiamarli con il loro nome: delinquenti. Criminali, perché ciò che compiono non è protesta, non è politica, non è dissenso: è solamente violenza, intimidazione, sopraffazione. È un individuo che attacca lo Stato, le sue regole e la convivenza civile.

Un individuo che rifiuta la democrazia, un anarchico che sceglie il disordine come unico linguaggio. Anche se alcuni gruppi si dichiaravano filopalestinesi, è fondamentale ribadire che la causa palestinese non c’entra nulla con queste devastazioni. Chi viola la legge tradisce qualunque ideale affermi di difendere. Usare un conflitto internazionale come scusa per mettere a ferro e fuoco una città è una strumentalizzazione ignobile, che danneggia sia la credibilità della protesta sia la civile convivenza del Paese.

Non bisogna avere timore di dirlo: l’Italia perbene è esausta e non ce la fa più a tollerare questi criminali che devastano e mettono a ferro e fuoco le città. La maggioranza degli italiani, quelli che rispettano le regole, che amano le proprie città, che vivono e lavorano onestamente, è stanca, logorata, satura di vedere quartieri trasformati in zone di guerra a causa di gruppi violenti che nulla hanno a che vedere con la democrazia. La misura è colma. Gli italiani non accettano più di vedere città aggredite, incendi, devastazioni e insulti alle istituzioni.
Una protesta è legittima solo se rimane nei confini della legalità: quando sfocia in violenza, non è più protesta, ma un attacco diretto allo Stato.

Per questo l’Italia chiede e ha il diritto di chiedere una risposta severa, inflessibile, autorevole da parte dello Stato. Non vendetta, ma giustizia. Non repressione indiscriminata, ma rigore contro chi sceglie deliberatamente il crimine. In una notte segnata dalla violenza, è doveroso rivolgere un ringraziamento profondo e sincero non solo alle Forze dell’Ordine, ma anche alla Prefettura, al Ministero dell’Interno, al Ministro dell’Interno, ai Carabinieri, alla Polizia di Stato, alla Guardia di Finanza, e a tutti coloro che hanno lavorato, coordinati, per impedire che la situazione degenerasse ulteriormente. Sono stati loro come sempre l’argine contro la barbarie. Sono stati loro a proteggere fino al massimo che hanno potuto la città, i cittadini, le istituzioni. Sono stati loro a garantire che Bologna non cadesse preda di una violenza ancora più incontrollata come purtroppo è stata. L’Italia perbene sta dalla loro parte. Dalla parte dello Stato. Dalla parte della legge, dell’ordine, della civiltà. E certamente non dalla parte di coloro che, in nome di una presunta battaglia, devastano e distruggono. L’Italia è un Paese democratico, in cui si può dissentire, criticare, manifestare.

Ma è anche un Paese in cui le regole valgono per tutti, senza eccezioni. E chi le infrange deliberatamente, colpendo beni pubblici e privati, attacca il cuore stesso della convivenza civile. Gli episodi di Bologna devono essere un monito chiaro: la libertà di protesta è sacra, ma non è un lasciapassare per distruggere nulla. Non può essere sequestrata da gruppi sovversivi. Non può essere sacrificata alla violenza.

I responsabili devono essere identificati, perseguiti e puniti con fermezza, secondo la legge. Perché è proprio la legalità e non la vendetta che distingue uno Stato democratico da ciò che i violenti vorrebbero imporre. Ed è per questo che l’Italia, ancora una volta, saprà essere più forte di loro.

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