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"C'è il dna". Riaperte dopo 13 anni le indagini su Unabomber

Dopo 13 anni verranno riaperte le indagini su Unabomber. L'obiettivo è quello di trovare nuovi indizi grazie agli strumenti scientifici ora a disposizione

"C'è il dna". Riaperte dopo 13 anni le indagini su Unabomber

Dopo 13 anni dall'archiviazione del fascicolo riguardante Unabomber, il procuratore di Trieste ha deciso di riaprire le indagini, perché qualcosa potrebbe ancora essere fatto grazie ai nuovi strumenti scientifici ora a disposizione. De Nicolo, che indagherà con il pubblico ministero Federico Frezza, ha spiegato che per prima cosa verrà eseguito un censimento completo dei reperti. Attentato con finalità di terrorismo è il reato ipotizzato. Come riportato dal Corriere della Sera, il motivo che avrebbe spinto a riaprire le indagini sarebbe stata la richiesta formale che due vittime di Unabomber, Francesca Girardi e Greta Momesso, hanno fatto agli inquirenti, dopo che alcuni giornali hanno ripreso il fatto di cronaca.

Alla ricerca del dna

A poter essere analizzati nuovamente, attraverso nuove tecnologie investigative, dovrebbero essere un capello e della saliva che erano stati rinvenuti su un uovo non esploso il 3 novembre del 2000, all'interno di un supermercato di Portogruaro, e attribuito al bombarolo. L'obiettivo è quello di risalire al dna dell'attentatore anonimo del Nord Est che dal 1994 al 2006 piazzò oltre una trentina di ordigni esplosivi che causarono il ferimento di 18 persone, anche donne e bambini, tra cui la Girardi, che all'epoca aveva 9 anni. A essere iscritto nel fascicolo, poi archiviato, era stato l’ingegnere aeronautico Elvo Zornitta.

Alterata la prova regina

Gli inquirenti avevano poi scoperto che la prova principale che accusava l'uomo, un lamierino ritrovato in un ordigno, era stata alterata da Ezio Zernar, un poliziotto della Scientifica. L'agente truccò la presunta "prova regina" che avrebbe potuto condannare l'ingegnere. A seguito di indagini, Zernar venne condannato a due anni per falso ideologico e frode processuale. Lo Stato aveva quindi deciso di risarcire Zornitta con 300mila euro, ma l'uomo aveva rifiutato, giudicando la somma insufficiente. L'ingegnere aveva infatti chiesto più di un milione di euro, e per questo motivo entrambe le parti hanno presentato ricorso e l'udienza si terrà a gennaio alla Corte d'Appello.

Il legale difensore di Zornitta, l'avvocato Paniz, ha commentato la riapertura delle indagini: "Sono felicissimo che riaprano le indagini perché spero che così possano finalmente svanire anche gli ultimi sospetti sul mio cliente. Al tempo stesso mi sembra però difficile che possano scoprire nuovi indizi: i reperti erano stati passati tutti al setaccio dal Ris e da tre procure".

Il suo assistito potrebbe essere nuovamente indagato ma, come precisato dalla difesa, non per il fatto oggetto del precedente procedimento, ovvero per l’ordigno del lamierino.

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