
Perché l’Oms ha così paura della commissione Covid tanto da provare a impedire l’audizione dell’ex numero due Ranieri Guerra dei giorni scorsi? In mezzo c’è la solita Cina e le sue pressioni, debite o meno, per impedire alla verità sulla pandemia di emergere.
Nei giorni scorsi alla commissione presieduta dal senatore Fdi Marco Lisei è arrivata una lettera in cui l’organizzazione internazionale richiama a una serie di vincoli di segretezza che graverebbero anche sugli ex componenti dell’Oms come Guerra. L’audizione dell’ex dg alla Sanità si è svolta regolarmente, i commissari - che hanno potere giurisdizionale sulle persone interrogate, come fossero dei magistrati - hanno fatto comunque le domande che avevano preparato a Guerra («nessun tentativo riuscirà a limitare la mia funzione e quella della commissione Covid», ha ribadito Lisei), non sappiamo se Guerra si è attenuto al segreto come avrebbe voluto l’Oms o se e come ha risposto a tutte le domande dei commissari sul suo ruolo nella vicenda del report del maggio 2020 firmato dal ricercatore veneto Francesco Zambon che denunciava la gestione «caotica e creativa» della pandemia e la mancata applicazione del piano pandemico (per cui lo stesso Guerra è sotto inchiesta assieme ad altri ex funzionari del ministero della Sanità). Come sappiamo il report è sparito ed è stato ripescato mesi dopo dall’ex responsabile della Comunicazione dei familiari delle vittime della Bergamasca Robert Lingard, oggi consulente nella stessa commissione Covid. Perché è sparito? C’entra Guerra, come si era pensato in un primo momento, anche per i suoi conclamati rapporti con importanti esponenti del mondo politico di centrosinistra che l’aveva individuato come dg della Salute? Secondo la sentenza del giudice di Venezia di qualche anno fa che si è occupato della vicenda interna all’Oms, pubblicata senza clamore dall’Agi, la decisione di ritirare il report non sarebbe stata di Guerra ma dello stesso Zambon e su pressioni di Oms Cina. Nella sostanza cambia poco, anche se Guerra si è beccato delle accuse ingiustamente e oggi potrebbe avere il dente avvelenato contro la sua ex organizzazione, tanto che l’Adnkronos ha intercettato un suo virgolettato interessante, «rispondo a ogni domanda a cui posso». Sapremo solo a giorni, con la desecretazione dei verbali anticipata dal Giornale, se il segreto opposto ha retto oppure no.
E cosa aveva da nascondere Pechino rispetto a quel report? C’entrano invece i rapporti del Dragone con il governo di Giuseppe Conte e Roberto Speranza, così forti da aver raddoppiato i voli da e per la Cina e da aver regalato loro mascherine e Dpi stoccate mentre i medici della Bergamasca morivano, senza contare gli affari con le mascherine farlocche cinesi che hanno ingrassato i mediatori e lasciato gli italiani senza difese? Chi ci ha guadagnato? Chi lo sapeva?
I dubbi che il virus sia scappato dai laboratori di Wuhan anziché da una contaminazione attraverso pipistrelli e pangolini hanno scosso anche la Germania e gli Usa, che hanno mosso la loro intelligence arrivando a risultati sovrapponibili: secondo alcune anticipazioni del quotidiano tedesco «Der Spiegel» riprese dal Giornale, gli 007 su mandato dell’allora Cancelliere Angela Merkel avevano individuato nei laboratori di Wuhan l’origine del coronavirus Sars-CoV-2.
Stesse conclusioni a cui sarebbero giunti anche l’intelligence Usa e i servizi inglesi. In una recente intervista al «Daily Mail», l’ex direttore del Centro di prevenzione e controllo delle malattie infettive americano, Robert Redfield, ha dichiarato di essere venuto a conoscenza per la prima volta di una nuova malattia respiratoria a Wuhan dal proprio staff in Cina la notte di Capodanno del 2019. I servizi segreti esteri tedeschi sarebbero giunti a questa stessa valutazione basandosi sulle informazioni fornite dalla Süddeutsche Zeitung e da Zeit. Come anticipato dal Giornale, le risultanze di questo rapporto sono state tenute segrete: «Si potrebbero trarre conclusioni sulle fonti di informazione, le capacità e i metodi di lavoro dei servizi segreti tedeschi», dicono i giudici del Tribunale di Lipsia che hanno secretato definitivamente il rapporto, pur ammettendo che «le informazioni potrebbero avere importanti effetti economici e politici sulle relazioni diplomatiche con la Repubblica Popolare Cinese e quindi sugli affari esteri della Repubblica Federale di Germania».
E che la Cina sia uno dei principali sponsor dell’Oms è chiaro a tutti. Lo spiega anche il braccio di ferro con l’Italia per il «no» dell’esecutivo agli emendamenti al Regolamento sanitario internazionale e all’accordo sulla pandemia. «Non abbiamo l’autorità di dire ai Paesi cosa fare, non possiamo imporre divieti di viaggio, lockdown, obblighi vaccinali o qualsiasi altro tipo di misura», ha ribadito il direttore generale dell’Oms Tedros Adhanom Ghebreyesus, secondo cui «come o se i Paesi implementano i consigli dell’Oms è sempre dipeso e sempre dipenderà da loro, sulla base delle loro linee guida e delle regole nazionali», come a dire che anche durante la pandemia le norme Oms, come il divieto di autopsia e l’errore sul tracciamento dei soli sintomatici nella prima fase, per tacere della disastrosa terapia domiciliare «tachipirina e vigile attesa» finite persino al tribunale di Roma per alcune morti che si potevano evitare.
Queste ed altre misure suggerite dall’Oms sono state accusate da più parti di essere troppo tenere e di non aver impedito la diffusione del virus, potevano essere «interpretate» anche dal governo Pd-M5s. Chi li ha convinti a seguire norme e leggi sballate che hanno causato un indice di mortalità tra i più alti dell’Occidente nonostante due lockdown e l’obbligo vaccinale? Lo scopriremo, forse, nei prossimi giorni.