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"Contro di me motivazioni politiche": parla l'architetto di Putin

Lanfranco Cirillo racconta a ilGiornale.it la sua versione, dopo che il tribunale di Brescia ha riconosciuto il legittimo impedimento: "I sono anche russo, e qui mi tutelano"

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Lanfranco Cirillo, conosciuto come l’architetto di Putin, Arrivato a Mosca nel 1993 come rappresentante di mobili, ha aperto nel 1997 uno studio di architettura. Fortuitamente nel 1995 conosce il presidente di Lukoil, il petroliere Vagit Alekperov, che gli propone di riprogettare la sede centrale dell'azienda in centro a Mosca. Quel progetto gli permise di farsi conoscere e apprezzare dagli imprenditori più importanti del Paese.

Comincia ad arredare le case dei dirigenti di colossi petroliferi e delle loro famiglie. Specialità, interni di lusso per ville anche da 20 milioni di dollari nei quartieri più esclusivi dell'élite moscovita come la Rublyovka. È accusato dalla procura di Brescia di esterovestizione, ha progettato il complesso sul Mar Nero che molti attribuiscono a Putin, e ha lavorato per i più importanti imprenditori (oligarchi) russi operanti nel settore dell’oil&gas.

Signor Cirillo, il tribunale di Brescia ha riconosciuto per lei il legittimo impedimento, quindi la sua impossibilità di presentarsi in aula per il processo a suo carico, e ha rimandato ogni decisione alla prossima udienza, il 13 luglio prossimo. Che cosa cambia per lei?

“Cambia molto. Innanzitutto, perché per la prima volta in due anni e mezzo nella mia vicenda si apre una breccia nel muro che si era creato nei miei confronti. Il tribunale ha preso atto del fatto che, essendo io cittadino russo oltre che italiano, ma trovandomi al momento sul suolo russo, io sono obbligato a rispettare la legge russa. Che considera la cittadinanza italiana come una seconda cittadinanza non paritetica alla prima. E la Russia, in questa situazione, difende il proprio cittadino. Prima di estradarlo e consegnarlo alla giustizia di un altro Paese vuole conoscere le accuse che gli vengono mosse e le prove a suo carico, in osservanza delle regole internazionali. Mosca lo sta chiedendo al PM italiano da oltre nove mesi, senza ottenere risposta. Io, quindi non posso varcare la frontiera russa.”

Lei però è accusato di “esterovestizione”, di aver cioè fatto finta di abitare e lavorare all’estero, per non pagare le tasse in Italia, al contempo nascondendo alle autorità tributarie italiane l’ammontare dei suoi redditi milionari.

“Questa è la parte più assurda dell’intera vicenda. Io vivo e lavoro in Russia da trent’anni. Ci sono decine e decine di testimoni russi e italiani che possono dichiararlo, inclusa l’ambasciata italiana a Mosca. Lo dimostrano le opere che ho realizzato esclusivamente in Russia e tutta la mia vita. Non ho mai lavorato in Italia e prodotto reddito li. Come cittadino russo che in Russia ha sempre vissuto, io ho regolarmente pagato le tasse a Mosca e nulla mi viene contestato dalle autorità russe. Per questo motivo ritengo che la mia “esterovestizione” sia un’accusa priva di senso."

Lei però è anche accusato di riciclaggio.

“No, io sono accusato di autoriciclaggio. Ovvero mi si accusa di aver trasferito in Italia parte dei miei legittimi guadagni percepiti in Russia dal mio conto personale russo al mio conto in Italia".

L’ultima decisione del Tribunale di Brescia sul suo legittimo impedimento però non cambia queste accuse.

“In realtà molto cambia. Perché riconoscendo la mia impossibilità, senza il consenso delle autorità russe, di recarmi in Italia per il processo e di sottopormi all’ordinanza di custodia cautelare, implicitamente viene riconosciuta la mia effettiva residenza a Mosca. In questo modo io non sono più una persona che si è sottratta alla giustizia, e infatti lo stesso decreto di latitanza è stato annullato. Sono semplicemente un cittadino italiano e russo che lavora in Russia da trent’anni”.

Ma se le cose sono così chiare perché le autorità russe si rifiutano di farla presenziare al processo in Italia?

“Le autorità russe chiedono che vengano rispettate le norme di polizia internazionali non osservate dal PM per lungo tempo. Non è stata fatta regolare richiesta di estradizione accompagnata, come da norme vigenti, da tutti i documenti relativi al caso. Per capire la sostanza di quel che sta accadendo. Penso che, in questo momento di guerra, a Mosca non si possa escludere una motivazione politica, più che strettamente giudiziaria, nei miei confronti.

Perfino il ministero della Giustizia italiano ha suggerito recentemente al PM di valutare la possibilità di passare il caso alla giustizia russa, così riconoscendo la valenza istituzionale e diplomatica del caso. Non dimentichiamo che io sono noto al mondo come l’architetto di Putin”.

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