
"Dietro a quella trappola c’era il male assoluto". La madre di Desirée rompe il silenzio dopo tanti anni. Era il 28 settembre 2002 quando Desirée, 14 anni, uscì di casa dicendo ai genitori che sarebbe andata a studiare da un’amica. Non ci arrivò mai. Sei giorni dopo il suo corpo venne ritrovato in una cascina abbandonata a poche centinaia di metri da casa: 33 coltellate, fascette ai polsi e un telo sporco a coprirla. Un omicidio che gli inquirenti definirono “delitto del branco”. In pochi mesi arrivarono le condanne: tre minorenni e un adulto. Ma per la famiglia Piovanelli, quella non è mai stata tutta la verità.
Ombre che non si cancellano
Restano ancora troppi punti oscuri: due DNA maschili ignoti rinvenuti sul giubbino di Desirée, telefonate misteriose partite dal cellulare del presunto esecutore materiale prima e dopo l’omicidio, l’SMS inviato da una cabina pubblica con una scheda rubata, le fascette portate da chi aveva pianificato, l’auto di Giovanni Erra parcheggiata in retromarcia vicino alla cascina. E negli anni successivi persino minacce pesanti: volantini anonimi, scritte offensive, un fantoccio appeso al cancello di casa.
La voce del padre
Maurizio Piovanelli non si è mai arreso: "Non smetterò mai di chiedere giustizia. Non per me, ma per lei. Desirée meritava la vita, e merita almeno la verità». Una convinzione condivisa dall’avvocato Alessandro Pozzani, da anni al fianco dei genitori: "Le anomalie sono troppe. Due DNA ignoti, depistaggi, tracce mancanti: per noi Desirée fu vittima di qualcosa di più grande di un semplice branco. Noi non ci arrendiamo".
Il nodo dell’ex legale
Ma i misteri non si fermano al processo penale. Secondo la famiglia, anche la battaglia civile fu segnata da un episodio mai chiarito: l’ex avvocato di Maurizio Piovanelli avrebbe lasciato scadere i termini per intentare l’azione risarcitoria contro le famiglie dei minori condannati, causando la prescrizione. «Come è possibile che abbia potuto far scadere i termini risarcitori, favorendo così le famiglie dei condannati?», denuncia ancora oggi la famiglia. «È un punto che nessuno ha mai spiegato fino in fondo». Successivamente, quell’avvocato, raccontano i familiari, sarebbe stato sospeso e condannato in primo e secondo grado a risarcire mezzo milione di euro. Una somma mai versata, perché insolvente e residente all’estero.
Le anomalie spiegate dall’esperto
Sul caso è intervenuto anche il giornalista investigativo Alessandro Politi, docente a contratto all’Università Statale di Milano e direttore del Laboratorio di Giornalismo Investigativo.
Nella sua ultima analisi ha ricostruito i punti mai chiariti: dai due DNA ignoti ai depistaggi, dalle telefonate rimaste nell’ombra fino alle contraddizioni nelle indagini. Un puzzle che, a 23 anni di distanza, resta incompleto. Perché Desirée, quella ragazzina di Leno portata via con la promessa di vedere dei gattini, merita ancora giustizia.