"Diffamò Picozzi". Rosa Bazzi a processo a Busto Arsizio

La donna condannata per la Strage di Erba disse alle Iene che il criminologo li convinse a confessare. Intanto Azouz riapre la pista del regolamento di conti dietro la mattanza

"Diffamò Picozzi". Rosa Bazzi a processo a Busto Arsizio

Chi pensava che non ci sarebbero stati altri strascichi giudiziari sulla Strage di Erba, costata la vita a Raffaella Castagna, a suo figlio Youssef di 2 anni e mezzo, alla mamma Paola Galli e alla vicina di casa Valeria Cherubini, si sbagliava. C’è attesa per le motivazioni (previste entro martedì prossimo) con le quali, nonostante una iniziale ammissione per l’udienza dibattimentale, la Corte d’Appello di Brescia ha giudicato inammissibili le nuove prove per la revisione chieste dai legali di Olindo Romano e Rosa Bazzi. Un verdetto che ha demolito una mole di elementi raccolti da una serie di scienziati forensi di chiara fama come l’ex vice dei Ris Marzio Capra o il luminare delle neuroscienze Giuseppe Sartori: dagli elementi che dimostrerebbero come la confessione dei due imputati potrebbe essere stata estorta sotto pressione alle nuove scoperte scientifiche che solleverebbero molti dubbi sulla traccia ematica trovata dai carabinieri sul battitacco della Seat Arosa fino al riconoscimento del supertestimone Frigerio, le incongruenze rispetto alla descrizione iniziale dell’aggressore ma anche le numerose intercettazioni ambientali sparite. Fabio Schembri e Luisa Bordeaux, che con Nico D’Ascola e Patrizia Morello difendono i coniugi condannati all’ergastolo per la morte di quattro persone l’11 dicembre del 2006 a Erba, hanno già annunciato il ricorso in Cassazione contro questo verdetto.

Nel frattempo Azouz Marzouk, che nella strage ha perso la moglie e figlio, ha rilasciato a Edoardo Montolli che cura il podcast Il Grande Abbaglio nuove, inquietanti rivelazioni. «Edmond Como era amico di mio fratello». Ma chi è Edmond Como e perché è così importante? Como è un albanese, assolto dall’inchiesta Crimine Infinito sulla ’ndrangheta a Erba e recentemente condannato per l’omicidio di Metaj Beesnik, suo connazionale ammazzato con tre colpi di pistola a Longone, nell’Erbese, per cui era stato arrestato. Nel 2020, molto prima che si parlasse di una revisione del processo per Olindo Romano e Rosa Bazzi, alcuni trafficanti di droga del Comasco facevano ricerche «coperte» online su Edmond Como e proprio sulla strage di Erba, come ha rivelato un’intercettazione legata a una recentissima inchiesta della Direzione distrettuale antimafia di Milano, coordinata dalla squadra mobile di Como.

Uno dei presunti trafficanti dell’Erbese, tale Vincenzo Milazzo, in una conversazione risalente al 2020 parlava di sim segrete da dare a cinque o sei persone e da utilizzare solo per fare ricerche su internet, scrive il gip. «Sì, ma non chiamerò mai. Sai qual è il problema? Questa qua la uso, riguarda l’omicidio. Chiudi il telefono, ascolta me, chiudi il telefono e i cazzi. (Incomprensibile). Devi guardare l’omicidio Longone e chiudi. Strage di Erba e chiudi. Non lo devi usare mai per chiamare e mandare whatsapp, hai capito cosa voglio fare io con questa, hai capito cosa devi fare?», dicono tra loro i componenti del sodalizio. L’omicidio Longone fa riferimento a Edmond Como, come scrivono gli stessi inquirenti. Ma perché dei presunti trafficanti di droga del Comasco utilizzavano sim dedicate alle ricerche online anche per la Strage di Erba? E perché la strage di Erba è stata messa in correlazione con l’omicidio per cui è accusato Edmond Como, legato allo spaccio di droga? Se Azouz ammette che il fratello - condannato per spaccio - e Como si conoscevano, riprende corpo l’ipotesi rilanciata dal testimone tunisino Abdi Kais, una delle nuove prove dichiarate inammissibili a Brescia, al tempo residente nell’appartamento della strage e condannato con Azouz Marzouk per spaccio. Il quale sostiene che all’epoca c’era una faida con i marocchini di Merone, che avevano tentato un assalto al loro covo, poi sventato. Da allora, stando a quanto lui ricorda, i proventi della droga vennero custoditi proprio nell’appartamento della Corte di via Diaz, luogo della mattanza di Erba.

Tra le organizzazioni criminali che fornivano la droga vi erano gli albanesi e la ‘ndrangheta, sgominata a Erba dalla Procura di Milano nel 2010. Al vertice di questa locale vi era Pasquale Varca, capace (come confermerà il pentito Francesco Oliverio) di trattare con gli stranieri 300 kg di droga alla settimana. E se il movente della strage fosse veramente la droga? Possibile che la ’ndrangheta non ne sia mai venuta a conoscenza? «Questo potrebbe avvalorare quanto noi abbiamo già indicato nella richiesta di revisione - aveva detto al tempo Schembri sul podcast - ipotizzando che la Strage di Erba sia maturata tra le faide raccontate da Kais a causa dello spaccio che aveva come base Piazza del mercato a Erba, di fronte all’abitazione della strage in via Diaz». Non basta. L’avvocato Schembri nel podcast ricorda anche le minacce telefoniche ricevute dalla Castagna, inseguita da una macchina di grossa cilindrata.

Anche Rosa Bazzi dovrà presto tornare in un’aula di tribunale. La donna che dall’inizio dell’anno esce dalla casa di reclusione di Bollate tutti i giorni dal lunedì al venerdì per lavorare in una cooperativa che si occupa di pulizia nelle strutture sanitarie sarà presto processata davanti al giudice monocratico di Busto Arsizio con l’accusa di aver diffamato il criminologo Massimo Picozzi, che nel 2007 per qualche mese fu consulente del difensore d’ufficio dei coniugi Romano. Picozzi sporse querela contro la Bazzi perché la donna alle Iene nell’aprile 2019 disse: «Devo dire grazie al signor Picozzi, ci ha dato lo spintone per restare in carcere per tutta la nostra vita. Ce l’ha servito l’ergastolo, su un piatto d’argento. Mi disse come muovere le mani, quando agitarmi, mi diceva di muovere le braccia, fai così, fai cosà».

Le immagini del colloquio difensivo tra la Bazzi e Picozzi finirono in tv prima che in tribunale, alimentando nell’opinione pubblica il convincimento della colpevolezza della donna. Secondo la Bazzi la confessione e quel racconto sarebbe tutto frutto di un’intesa con il loro allora consulente. Toccherà al tribunale di Busto dimostrare il contrario.

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