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"Sono contaminate". Ritirati lotti di vongole a rischio: a cosa fare attenzione

Il ministero della Salute ha richiamato alcuni lotti di vongole perché possiedono quantità del batterio Escherichia coli potenzialmente dannosi per l'organismo: ecco quali sono e cosa fare in questi casi

"Sono contaminate". Ritirati lotti di vongole a rischio: a cosa fare attenzione

Attenzione a quei frutti di mare: il ministero della Salute ha pubblicato alcuni avvisi sul rischio microbiologico per alcuni lotti di vongole a marchio Giò Mare. Nel caso specifico, l'allarme nasce per la presenza del batterio Escherichia coli superiore ai limiti consentiti per legge.

I lotti a rischio

Sul proprio sito, il dicastero ha allegato tutti i documenti con le informazioni utili ai consumatori: la denominazione di vendita è Vongole Lupino (Chamelea Gallina) e i lotti di produzione richiamati sono 233581, 233781, 233981 e 233972. Si tratta di confezioni con la retina da mezzo chilo, un chilo e 5 chilogrammi. La sede dello stabilimento si trova a Cesenatico, provincia di Forlì-Cesena. Sempre dello stesso marchio, la segnalazione è arrivata anche per il lotto 233581 delle vongole Scrigno di Venere (Scapharca Inaequivalvis) la cui vendita è in confezioni da mezzo chilo e un chilo. Tra le avvertenze non è segnalato nulla ma il buonsenso suggerisce di non consumare gli alimenti nemmeno dopo cottura per evitare qualsiasi contaminazione con l'organismo umano.

vongole

Cos'è l'Escherichia coli

Nel recente passato abbiamo visto numerosi richiami e ritiri dal mercato per lo stesso tipo di batterio presente in queste vongole: alcuni mesi fa sul Giornale.it ci siamo occupati dei lotti di formaggi, soprattutto taleggio e fontina, dove era stata riscontrata la presenza dell'Escherichia coli. Questo batterio lo abbiamo tutti noi, in maniera naturale, nel microbiota dell'intestino ma vive anche all'interno di alcuni animali: ciò significa che sebbene molti ceppi siano del tutto innocui e convivano nel nostro organismo, altri possono essere potenzialmente dannosi per la nostra salute provocando forti intossicazioni alimentari e sintomatologia variabile da diarrea a dolori addominali fino a forme più gravi in grado di sviluppare enteriti (infiammazione del primo tratto dell'instestino), colite, meningiti e setticemia.

L'Irccs Ospedale San Raffaele in un articolo pubblicato poco tempo fa spiega che si tratta di un batterio chiamato "commensale" proprio per la sua capacità di adattamento e sopravvivenza nell’organismo in cui vive ma che riesce anche a produrre la vitamina K, fondamentale per il processo di coagulazione del sangue e per la corretta funzionalità delle proteine che aiutano le ossa. Nei casi degli alimenti, invece, quando si ha certezza della sua presenza è bene non consumare il prodotto o comunque non farlo mai crudo, contattare il punto vendita dove si è acquistato e restituirlo.

Infatti, il batterio è in grado di rilasciare una tossina che provoca la sintomatologia sopra descritta ma, nelle forme più lievi, si risolve in pochi giorni sia in maniera spontanea ma anche con un trattamento specifico se prescritto dal proprio medico.

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