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Morta la prima donna ad aver avuto accesso al suicidio assistito a carico del SSN

Affetta da sclerosi multipla, la 55enne si è spenta nella sua casa di Trieste a seguito dell’autosomministrazione di un farmaco letale

Morta la prima donna ad aver avuto accesso al suicidio assistito a carico del SSN

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Nuovo caso di eutanasia in Italia. Lo scorso 28 ottobre è morta nella sua abitazione di Trieste la prima persona ad aver avuto accesso in Italia al suicidio assistito con la completa assistenza del Servizio sanitario nazionale. "Anna", nome di fantasia della 55enne, si è spenta a seguito dell'autosomministrazione di un farmaco letale: come reso noto dall'associazione Luca Coscioni, la donna affetta da sclerosi multipla secondariamente progressiva aveva fatto richiesta affinchè venisse attuata la procedura prevista dalla Corte costituzionale con la sentenza "Cappato-Antoniani" con l'assistenza diretta del SSN.

Il farmaco letale e la strumentazione per il suicidio assistito sono stati forniti dal Servizio sanitario nazionali e un medico individuato dall’azienda sanitaria ha provveduto a supportare l’azione richiesta, senza intervenire direttamente nella somministrazione del farmaco. Filomena Gallo, avvocata e segretaria dell'associazione Luca Coscioni per la libertà di ricerca scientifica, ha evidenziato che “Anna” è “la prima persona malata che ha visto riconoscere, da parte dei medici incaricati di effettuare le verifiche sulle condizioni, che l'assistenza continua alla persona è assistenza vitale, così anche la dipendenza meccanica non esclusiva garantita attraverso l'impiego di supporto ventilatorio (Cpap) nelle ore di sonno notturno”.

Gallo ha evidenziato inoltre che, rispetto alla procedura eseguita di riscontro delle condizioni di una persona malata in Friuli Venezia Giulia, risulta non fondato e paradossale il diniego ricevuto invece nel Lazio dall’attrice Sibilla Barbieri, anche lei dipendente da trattamenti vitali ma costretta ad andare in Svizzera per l’eutanasia. La 55enne ha voluto lasciare un messaggio e ha sottolineato di aver scelto un nome di fantasia per il rispetto della privacy della sua famiglia: “Ho amato con tutta me stessa la vita, i miei cari e con la stessa intensità ho resistito in un corpo non più mio. Ho però deciso di porre fine alle sofferenze che provo perché oramai sono davvero intollerabili. Voglio ringraziare chi mi ha aiutata a fare rispettare la mia volontà, la mia famiglia che mi è stata vicina fino all’ultimo". "Io oggi sono libera", ha concluso: "Sarebbe stata una vera tortura non avere la libertà di poter scegliere". In materia di suicidio assistito occorre ora lavorare sui tempi, per evitare lunghe attese ai malati è il commento di Marco Cappato.

Il tesoriere dell'associazione ha affermato che "non deve più essere consentito di far attendere quasi un anno fra sofferenze intollerabili e condizioni che peggiorano con il rischio, come stava accadendo ad 'Annà, di perdere le ultime forze necessarie per l'autosomministrazione del farmaco letale".

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