I vu cumprà tornati a casa: "Grazie Milano, siamo diventati ricchi"

In Italia vendevano tappeti e ora che sono rientrati in Marocco si definiscono benestanti

Immagine di repertorio
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C'è stato un periodo in cui l'Italia era la "terra promessa" dei nordafricani, in particolare dei marocchini, che qui avevano trovato un settore commerciale da battere: quello dei tappeti. Erano i cosiddetti "vu cumprà", termine non particolarmente amato da queste persone ma emblematico del periodo a cavallo tra gli anni Ottanta e Novanta, in particolare modo, durante il quale questi migranti arrivavano in Italia. Il Corriere della sera ha effettuato un reportage a Ouled Youssef, il piccolo paese nel cuore del Marocco da cui partivano la maggior parte di questi migranti per raggiungere l'Italia.

Ed è qui che molti, dopo aver lavorato nel nostro Paese, sono tornati da alcuni anni, in molti casi con un gruzzolo di risparmi da investire per condurre una vita dignitosa, per alcuni agiata, in Marocco. "Il villaggio conta una via principale che ospita dei bar, compreso il 'café Duomo' gestito da un cinquantenne che stava in via Bolla", scrive l'autore del reportage. Ma c'è una precisazione importante che viene fatta e che spiega bene la differenza tra ieri e oggi. "Case popolari. Sempre regolare, mai abusivo", ci tiene a specificare una delle persone ascoltate. Tra loro c'è Hassan, oggi imprenditore agricolo con un passato di "vu cumprà" in Italia alle spalle. "Siamo grati a Milano. Siamo diventati ricchi. O almeno, ora stiamo bene", dice oggi Hassan, esprimendo il suo apprezzamento per il capoluogo lombardo.

"Andavamo dal mare a Milano, e tutti vendevamo i tappeti", spiega al Corriere della Sera Hassan, allora giovanissimo manovale del commercio alle dipendenze dei veri imprenditori del business, che sia lui che gli altri intervistati dal cronista del Corriere ricordano quasi con affetto. "Dovevamo vendere, e se vendevi ti arrivavano i premi. A Milano c’erano dei capi per verificare che nessuno di noi intascasse di nascosto dei soldi... Ma se uno aveva fame, e insisteva, trovava la signora che non aveva bisogno di un tappeto ma che lo comprava lo stesso. E tu mangiavi e mettevi da parte i risparmi", dice ancora Hassan.

Il lavoro era tanto ma era onesto. La maggior parte di quegli ex ragazzi, oggi uomini, lo vogliono dire a chiare lettere: non c'era spaccio. "Ho trascorso in Italia vent’anni. Mai spacciato. Non mi piace la droga", dice ancora Hassan al Corriere della Sera.

Certo, qualcuno che in qualche modo è finito in quei giri c'è stato, ma era una realtà ben diversa da quella che si vive oggi. Perché da Ouled Youssef i giovani ancora partono ma il loro destino ora è spesso nei boschetti della droga, mondi paralleli di illegalità e di morte.

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