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"I blitz sono replicabili". La minaccia anarchica dopo gli assalti in Questura e aeroporto

Prima l'assalto alla Questura di Torino, poi quello all'aeroporto di Malpensa: gli antagonisti acquisiscono nuove consapevolezze per nuove azioni

"I blitz sono replicabili". La minaccia anarchica dopo gli assalti in questura e aeroporto

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Gli antagonisti stanno alzando il tiro nella loro sfida agli apparati dello Stato. Lo dimostra il blitz, per quanto sgangherato, condotto all'aeroporto di Milano Malpensa. Un gruppo di "no Cpr" proveniente dall'area anarchica torinese, convinto di perseguire la liberazione di Jamal Kilal, è riuscito ad arrivare fin su una pista dell'aeroporto milanese, da dove stava per decollare un volo Royal Air Maroc diretto a Casablanca. Il marocchino, loro "compagno", si trovava però su un altro aereo all'aeroporto di Bologna e l'azione da loro condotta ha fermato il rimpatrio volontario di un altro cittadino magrebino. Ma al di là del fallimento dell'obiettivo ultimo della loro azione, quel che fa riflettere è la totale perdita di freni inibitori da parte di questi soggetti, che si sono evoluti e non si limitano più alle manifestazioni sotto i Cpr e le carceri.

Quelli che hanno condotto il blitz di Malpensa, infatti, sono gli stessi gli appena poche settimane fa hanno assaltato la volante fuori dalla questura di Torino. Il loro obiettivo non è tanto "liberare" gli stranieri, anche se ovviamente ci sperano, quanto sabotare a macchina delle espulsioni. Nel capoluogo piemontese, l'assalto è stato condotto con un corposo numero di antagonisti, gran parte dei quali identificati e denunciati.

A Malpensa, invece, erano appena in quattro e sono stati tutti arrestati. Sono loro stessi, nel loro documento di rivendicazione, sostenere che, per quanto riguarda l'espulsione di Kilal, "l'informazione del suo imminente rimpatrio coatto arrivava da un dentro che crede ancora, e forse sempre di più, nella comunicazione solidale con il fuori". Tra le righe, lasciano intendere che sia stato lo stesso marocchino, che in Italia ha svariati precedenti tra i quali una condanna per stupro di gruppo, a fornire loro l'informazione sbagliata sull'aeroporto di partenza: "Gli avevano teso una trappola e poco della sua sorte imminente – che fosse il trasferimento in un altro CPR o la deportazione – si sapeva".

Ed è a fronte di questo che hanno deciso di compiere il blitz: "A volte basta lanciare il cuore oltre una porta di emergenza, dei tornelli, un maniglione antipanico per trovarsi ai piedi di un aereo. A volte basta correre lungo la sua fiancata, guardare negli occhi un pilota e ricordargli che sta deportando: che si sta rendendo parte di una macchina razzista e iniqua esistente in parte grazie ad un’obbedienza vaga e una mera indifferenza". Così raccontano il modo in cui sono riusciti a raggiungere la pista di Malpensa e sono tante le domande da porsi per capire come siano riusciti. Ed è proprio questo, benché l'aeroporto fosse quello sbagliato, ad aver dato loro nuova consapevolezza. Ad aver fornito agli antagonisti la sicurezza di poter fare quel che vogliono, alzando il tiro contro lo Stato e l'ordine costituito.

In poche settimane sono riusciti a effettuare un blitz davanti a una questura, sono riusciti a eludere tutti i controlli e a raggiungere una pista di decollo di uno degli aeroporti più importanti d'Europa. Cosa faranno la prossima volta? Perché ci sarà una prossima volta e sono loro stessi ad aprire a questa possibilità: "Tutto ciò che è successo a Torino e a Malpensa è potenzialmente replicabile e riproducibile. La lotta contro la macchina delle espulsioni e la detenzione amministrativa è possibile ed è reale nei suoi obiettivi e nelle sue prospettive". Questi gruppi agiscono come "schegge impazzite" ed è impossibile prevedere come intendono agire. Ed è questo uno degli elementi di maggiore preoccupazione in questo clima che si sta formando nel Paese.

Anche e soprattutto in ragione di chi, questi soggetti, tende a difenderli, di chi tende a giustificarne i fini.

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