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I figli sono "troppo" malati: niente affido alla madre

A una detenuta nigeriana tolti due minori con gravi patologie, custodia negata al papà

I figli sono "troppo" malati: niente affido alla madre

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Il suicidio della nigeriana 43enne Susan John, la detenuta nel carcere di Torino che da mesi non riusciva a vedere il figlioletto di 4 anni, ripropone drammaticamente il tema della detenzione di giovani mamme immigrate irregolari che si tolgono la vita (sono 43 i suicidi in cella nel 2023, 16 solo tra giugno e agosto) e la tragedia dei tanti, piccoli e innocenti bambini cui è negata la possibilità di una parvenza di vita normale. Con il rischio di un «mercato» dei minori, palleggiato tra servizi sociali e comunità, alla faccia del loro «supremo interesse» calpestato in nome del popolo italiano. A Milano da qualche anno c'è l'Icam, l'istituto a custodia attenuata per madri detenute, il primo istituito in Italia. Un luogo in cui fino a nove detenute possono muoversi liberamente a determinate regole, in un ambiente sorvegliato da agenti in borghese, educatori comunali e personale giuridico-pedagogico. Il Giornale ha intercettato la storia di una detenuta nigeriana classe 1985, I.B., estradata in Italia dalla Germania dopo una burrascosa vicenda giudiziaria per scontare un residuo di pena di 7 anni, due mesi e 20 giorni per favoreggiamento dell'immigrazione clandestina e prostituzione, comminata dal tribunale di Marsala. Con lei c'erano i due figli P. e M. di quattro e due anni, affetti da una grave patologia psicofisica che li rende dipendenti - in tutto e per tutto - dalla madre, che secondo la Procura però sarebbe «inidonea ad affrontare adeguatamente i bisogni d'accudimento dei minori né a porsi quale valido riferimento educativo». Invece il tribunale di Milano, correttamente, aveva chiesto per la donna - difesa dall'avvocato Marco De Giorgio - la detenzione speciale ex articolo 47 presso l'Icam di San Vittore, una struttura a pochi chilometri dal penitenziario. Peccato che l'ipotesi sia sfumata quasi subito, perché l'Icam ha fatto sapere che «le condizioni di salute dei due minorenni non sarebbero gestibili» in una struttura come la loro. Dunque, i due bambini sono stati sottratti alla madre per essere mandati un una comunità, mentre la nigeriana come d'incanto è stata riportata a San Vittore. Nella decisione del Tribunale di Sorveglianza di Milano dello scorso 26 luglio si scrive anche che il padre dei bambini in questi anni si sarebbe disinteressato di loro, ma secondo quanto risulta al Giornale l'assenza di rapporti sarebbe dovuta alla latitanza della donna da Castelvetrano alla Germania. Tanto che l'uomo, in possesso di regolare reddito da lavoro dipendente, una casa e una condotta di vita dignitosa in Sicilia si sarebbe offerto di accudire i suoi figli ma avrebbe ricevuto un diniego inspiegabile. Da qui il cortocircuito del sistema giudiziario: la madre non può andare all'Icam perché non sarebbe idonea a gestire la situazione dei due bambini, quindi deve andare in carcere. Il padre non ha visto i figli perché la mamma era latitante in Germania ma non ha diritto a prendersene cura. E così i due minori vengono affidati al Comune di Milano «con limitazione della responsabilità genitoriale sotto il profilo scolastico, sanitario, educativo e del collocamento, sino al reperimento di una struttura idonea alle loro esigenze sanitarie». «L'amministrazione della giustizia - in particolare minorile e penitenziaria - da Tangentopoli in poi è stata consumistica e commerciale, con fini elettorali. C'è la lucrosa compravendita dei bambini e dei benefici carcerari», è la denuncia di De Giorgio.

Appuntamento in tribunale il prossimo 14 dicembre, sperando che nel frattempo questa storiaccia non si trasformi nell'ennesima tragedia.

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