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L'occhio della piramide: la versione dei fratelli Occhionero

In una memoria inviata al magistrati di Perugia e nel corso di cinque interviste rilasciate ad un'emittente privata, Giulio e Francesca Maria Occhionero tracciano i contorni di quello che - secondo loro - è stato il vero scopo dell'inchiesta Eye Pyramid

L'occhio della piramide: la versione dei fratelli Occhionero

Vicende come quella che ha visto protagonisti Giulio e Francesca Maria Occhionero, arrestati il 9 gennaio 2017 perché accusati di essere gli ideatori – o quanto meno i terminali finali – di una gigantesca operazione di cyberspionaggio ai danni di infrastrutture critiche per il sistema Paese e di personaggi più o meno noti, e oggi in attesa del processo di Appello, si prestano inevitabilmente a possibili strumentalizzazioni.

Nel corso di questa inchiesta, IlGiornale.it ha cercato di fornire ai lettori il succo di una storia complicata, sia scavando nel passato, sia cercando di interpretare il presente. Se ci siamo riusciti saranno lettori e lettrici a giudicarlo, nel frattempo una cosa possiamo anticiparla: nuovi filoni si sono aperti. E dunque non ci fermeremo qui. Per ora, a conclusione di questo primo ciclo di approfondimento, abbiamo deciso di dedicare spazio a loro: Giulio e Francesca Maria Occhionero, cercando di sintetizzare il loro articolato punto di vista riguardo una storia che ha inevitabilmente stravolto le loro esistenze.

Avremmo voluto farlo intervistando Giulio Occhionero, ma i nostri tentativi di contattarlo sono – per ora – caduti nel vuoto. Per dare spazio alla sua versione e a quella di sua sorella, allora, ci siamo affidati a due fonti: una memoria del 10 aprile 2018 scritta e inviata da Giulio Occhionero alla pm di Perugia Gemma Miliani e il ciclo di interviste rilasciate ad Aracne.tv.

Ne emerge un quadro complesso, che impone una serie di approfondimenti già in cantiere. Per ora, cercheremo di fornirvi la versione dei fratelli Occhionero nei suoi punti che, a nostro avviso, sono di maggior interesse.

La memoria sulla vicenda Eye Pyramid

Già dal carcere di Regina Coeli, Giulio Occhionero aveva cominciato a battersi per dimostrare la propria innocenza e svelare un presunto complotto ai suoi danni e a quelli della sorella. Il frutto di lunghi mesi di lavoro e di confronto con i propri legali lo porta – dopo la scarcerazione – a scrivere una lunga e dettagliata memoria dove l’ingegnere nucleare racconta la storia che l’ha visto protagonista. Come già detto, è una memoria rivolta ai magistrati di Perugia, dove un fascicolo era stato aperto a carico del magistrato romano Eugenio Albamonte e degli investigatori che avevano condotto le indagini sul malware Eye Pyramid.

Merita di essere letta attentamente. Gli spunti sono tanti. Ma bisogna fare attenzione e tenere sempre a mente una cosa: questa è la versione di Giulio Occhionero. Perché sottolinearlo? Perché questa memoria delinea uno scenario che, se fosse vero, sconvolgerebbe l’impianto della democrazia italiana. Dobbiamo dunque andarci con i piedi di piombo. Cominciamo.

Un complotto internazionale

Che quella degli Occhionero sia una vicenda degna di un romanzo di John Le Carré lo dice la stessa Francesca Maria, ma a spiegare il perché ci pensa Giulio. Sin dalle prima pagine della sua memoria, senza mezze misure parla di “una chiara fabbricazione della notizia di reato”, ovvero quella mail con un allegato malevolo arrivata ad Enav – e più precisamente a Francesco Di Maio, addetto alla sicurezza dell’Ente nazionale per il volo – che ha innescato la vicenda culminata con l’arresto dei fratelli Occhionero.

Secondo Giulio Occhionero, l’inchiesta a carico suo e di sua sorella sarebbe “prefabbricata”. Il tutto nella piena consapevolezza degli investigatori e di “esponenti di primo piano della magistratura”. La domanda viene spontanea: per quale motivo sarebbe stata prefabbricata un’inchiesta a danno di due all’epoca perfetti signor nessuno? La risposta lascia perplessi: i fratelli Occhionero sarebbero finiti al centro di un complotto teso a incastrare nientemeno che l’allora presidente degli Stati Uniti Donald Trump. In pratica, Giulio e Francesca Maria sarebbero finiti al centro del filone italiano del Russiagate. E su questo, l’ingegnere non ha dubbi.

I motivi sarebbero da ricercare nella vicinanza degli Occhionero [ricordiamo che Francesca Maria è anche cittadina americana, ndr] ad ambienti repubblicani d’oltreoceano. “Le date del nostro procedimento, incluse le date di accesso ai server su territorio americano” afferma Giulio Occhionero in un’intervista ad Aracne.tv, “combaciano perfettamente con la sequenza degli eventi dell’inchiesta Russia Gate negli Stati Uniti”.

“L’attacco era a Trump” aggiunge nella stessa sede Francesca Maria, “e in Italia c’era qualcuno che faceva da sponda in ambasciata”.

Giulio rincara la dose: “C’è un chiarissimo coinvolgimento dell’intelligence italiana in questa vicenda... e [...] la cosa [...] più grave, [...] è il fatto che Giulio e Francesca Occhionero sono chiaramente stati scelti anche in funzione delle loro amicizie negli Stati Uniti, delle loro amicizie nel partito repubblicano, basta andare su internet per vedere le foto con il precedente ambasciatore repubblicano a Roma, e quindi era certamente un’indagine che aveva una connotazione politica. Ci ha lasciato molto perplessi il fatto che il Gip non abbia notato questo sin dall’inizio. [...]”.

A causa di questi rapporti, i due sarebbero finiti nel mirino della macchina del fango democratica e a questo gioco perverso si sarebbero prestati membri dell’ambasciata americana a Roma, un agente dell’Fbi, due giornalisti americani di area democratica e, ovviamente, gli inquirenti italiani. La ragione di tutto? Non solo incastrare Trump, ma anche – se non soprattutto - creare una situazione di emergenza e gettare le basi per una seria discussione, in Italia, sull’opportunità di creare un’agenzia nazionale sulla cybersecurity e, conseguentemente, spartirsi ricche poltrone. Oggi, in effetti, abbiamo l’Agenzia per la cybersicurezza nazionale. Chissà che Giulio Occhionero non rivendichi da Abu Dhabi il merito per questa nuova creatura istituzionale.

Le prove della pre-fabbricazione

Quali sarebbero le prove che Giulio Occhionero ha raccolto per dimostrare quello che sostiene? Per spiegarlo bisognerebbe entrare nel tecnico, con il rischio di non permettere una corretta comprensione. Cerchiamo allora di sintetizzare, rimandando ad altra sede una trattazione più approfondita: secondo l’ingegner Occhionero, il tecnico della Mentat Solutions S.r.l, quel Federico Ramondino che collaborava con Enav ed Eni e che ha individuato per primo il malware Eye Pyramid, avrebbe costruito preventivamente le prove che poi avrebbero portato i fratelli Occhionero in carcere. A dimostrarlo, non solo una precedente memoria dello stesso Giulio Occhionero, ma anche la consulenza tecnica del dott. Mattia Epifani.

IlGiornale.it ha letto la consulenza. L’analisi è stata svolta sulla relazione tecnica svolta dalla Mentat e su due DVD consegnati alla Procura di Roma, dove sono presenti dei file le cui date di creazione certificherebbero la contraffazione della notizia di reato. Peccato che, nelle conclusioni della relazione tecnica di Epifani, sia riportato – con grande onestà intellettuale – che “senza un’analisi del computer utilizzato per masterizzare i Dvd non è possibile determinare con certezza l’origine della data di modifica”. Quelle di Giulio Occhionero, in sostanza, restano delle ipotesi. E in effetti, Federico Ramondino, oggi a processo a Perugia, tra i diversi capi d’imputazione da cui deve difendersi non ha quello di aver falsificato proprio un bel nulla.

Federico Ramondino: metà dilettante, metà fenomeno

Con il tecnico della Mentat tanto Giulio quanto Francesca Maria Occhionero hanno il cosiddetto dente avvelenato. Ed è comprensibile. I sospetti che entrambi nutrono nei suoi confronti li esprimono chiaramente: da un lato, Ramondino viene dileggiato nel corso di due interviste ad Aracne.tv tanto dai due fratelli, quanto dal conduttore del programma, in quanto in possesso di un diploma di maturità classica. Davvero assurdo che un diplomato al liceo classico possa essere uno dei migliori hacker in circolazione. Certamente se si fosse limitato a tradurre Tacito o Senofonte non solo non avrebbe ingenerato sospetti, ma si sarebbe evitato enormi grane.

D’altro canto, stando a quanto espresso da Giulio Occhionero nella sua memoria, nonostante sia un incompetente, Ramondino deve avere enormi doti affabulatorie, altrimenti come spiegare i prestigiosi incarichi da parte di enti e strutture altamente sensibili per il sistema Paese come Eni ed Enav? Cosa nasconde il tecnico della Mentat? Come mai viene “addirittura” nominato ausiliario di Polizia Giudiziaria? La risposta che dà Giulio Occhionero è chiara: “L’individuo [Ramondino, ndr] che ancora oggi viene celebrato sui molti articoli apologetici da una stampa perfettamente orientata rivela [...] quale sia il termometro della cybersecurity Italiana”.

Una giudice incompetente

Tanto nella memoria rivolta ai magistrati perugini, quanto nel corso delle interviste rilasciate ad Aracne.tv, Giulio Occhionero – che lamenta di essere stato diffamato dai media che si sono prestati al complotto – riserva alla giudice che ha mandato in carcere lui e sua sorella parole che, a ben guardare, sono al limite della diffamazione o quanto meno, come per Ramondino, del dileggio. Parliamo della dott.ssa Antonella Bencivinni. Giudicata troppo giovane per gestire un caso del genere, la giudice viene sospettata di essere, nella migliore delle ipotesi, un’incompetente.

Di più: “La totale assenza di domande sulla fabbricazione e sugli illeciti degli inquirenti da parte della Dott.ssa Bencivinni farà poi scuola nei manuali di giurisprudenza quale contro-esempio di buona attività istruttoria”. Di nuovo viene dato dell’incompetente alla giudice che ha anche il demerito di aver ricevuto questo caso – per lei troppo complicato – subito dopo il trasferimento dal Tribunale di Pisa.

Sembra quasi che Giulio Occhionero adombri il sospetto che la scelta sia ricaduta sulla dott.ssa Bencivinni proprio perché giovane, inesperta e dunque manipolabile. Lo si evince quando, di fronte ai microfoni di Aracne.tv, dice che - nell’udienza finale – “il dott. Albamonte, per meglio esercitare una pressione d’immagine sulla giudice, si è portato un membro del Csm il giorno della sentenza, cioè il dottor [Giuseppe] Cascini”, per poi aggiungere, “il dottor Cascini veniva a dare manforte al dott. Albamonte in quella circostanza. E la giudice... [...] secondo me aveva capito benissimo che la notizia di reato era fabbricata, è molto anomalo il caso della dottoressa Bencivinni, venuta apposta a Roma per fare questo procedimento, estremamente giovane, non lo so...”.

La carriera di Albamonte

Anche per il dott. Eugenio Albamonte non ci sono sconti. Anzi, Albamonte dovrebbe ringraziare di essere incappato in questa vicenda. Il perché lo spiega Giulio Occhionero nella sua memoria: “Assolutamente palesi, poi, sono i chiari benefici di carriera che tale inchiesta ha portato allo stesso Dott. Albamonte, la cui elezione a Presidente dell’ANM, avvenuta per un solo voto di differenza, è certamente da collegarsi alla spinta emotiva nel mondo giudiziario causata dalla diffusione di notizie riguardanti una eclatante inchiesta sulla sicurezza dello Stato”.

Cnaipic: centrale di spionaggio

Il Cnaipic? Una banda di incompetenti e di veri e propri pirati informatici che, al soldo dello Stato, agiscono in maniera sconsiderata, rischiando di creare incidenti diplomatici e facendo perdere al Paese importanti occasioni d’investimento con le proprie attività al limite del criminale. Parola di Giulio Occhionero. L’ingegnere sostiene infatti che “in diversi casi del passato era già stato mostrato come questa entità dello Stato avesse sviluppato profondi [sic] interessi industriali che l’avevano addirittura condotta ad essere indicata come fonte di attacchi informatici”. Praticamente la struttura che dovrebbe tutelare le nostre infrastrutture critiche sarebbe in realtà la centrale da cui partono attacchi informatici. Dove abbia tratto queste informazioni Giulio Occhionero – così sicuro nelle sue affermazioni – è un mistero. E ci chiediamo se abbia le prove di ciò che dice. Se così fosse, saremmo i primi a dargli manforte per far valere le sue ragioni.

Ma l’ingegnere ce l’ha con il Cnaipic anche per l’interessamento mostrato verso la tentata operazione con il Porto di Taranto quando, supportato da partner americani di alto livello diplomatico, dal 2004, fino al 2007, aveva cercato di ottenere un appalto molto importante per il rinnovamento delle infrastrutture del porto. Un’operazione, questa, che ha giustamente destato l’interesse dei nostri investigatori informatici. Giulio Occhionero lamenta che l’operazione di Taranto nulla ha a che vedere con l’inchiesta che l’ha portato in carcere. Non del tutto vero: tra le vittime di Eye Pyramid, infatti, ci sono anche alcuni dipendenti del Porto di Taranto.

Dulcis in fundo: secondo Giulio Occhionero – sempre ben informato – le attività del Cnaipic sarebbero anche dietro il deterioramento dei rapporti – e della mancata sottoscrizione di importanti commesse industriali – tra Eni e Finmeccanica con, rispettivamente, la società russa Gazprom e il governo indiano. Insomma, saremmo nelle mani di dilettanti allo sbaraglio e in mala fede.

I vertici dello Stato complici del complotto

E i vertici dello Stato? Come si sono comportati di fronte a una vicenda così abnorme? Zitti e conniventi. Neanche a dirlo. L’allora ministro della Giustizia Andrea Orlando, sebbene incalzato da un’interpellanza parlamentare dell’allora vice presidente della Camera Roberto Giachetti [“sulla durata della custodia cautelare del sottoscritto”, Giulio Occhionero dixit], non ha mai risposto. IlGiornale.it, nonostante approfondite ricerche, non ha trovato alcuna traccia di questa interpellanza.

L’allora capo della procura di Roma, Giuseppe Pignatone, non solo non ha fatto nulla per porre un freno ai “diversi comportamenti illeciti e le anomalie investigative [...] emerse all’epoca”, ma dopo l’iscrizione a Perugia sul registro degli indagati di Eugenio Albamonte, ha confermato quest’ultimo alla guida dell’accusa nel processo agli Occhionero.

Gli allora ministri dell’Interno, Marco Minniti, e della Difesa, Roberta Pinotti [stiamo parlando del governo Renzi, ndr], nonostante abbiano ricevuto due informative da parte dell’avvocato degli Occhionero e nonostante avessero “l’obbligo” di una “contro-azione, e di informazione parlamentare su ciò che era accaduto” non hanno fatto nulla. Anzi, Minniti in effetti qualcosa ha fatto. Insieme al capo della Polizia Franco Gabrielli ha defenestrato l’allora capo della Polizia postale Roberto Di Legami.

Sette in condotta, invece, per la Pinotti, che – visti i tentativi degli agenti del Cnaipic di accedere ai server degli Occhionero allocati negli Stati Uniti – avrebbe avuto “un obbligo di segnalazione di tale incidente al Segretario Generale della Nato”, dando così origine a un’inchiesta che “si sarebbe dovuta svolgere sotto la vigilanza di una commissione della stessa Alleanza Atlantica; fatta prevalentemente di membri non italiani”.

Il ruolo di Renzi

Che ruolo ha avuto l’allora presidente del Consiglio Matteo Renzi? A chiederlo è Antonello Nicosia nel corso di una delle interviste fatte ai due fratelli. La risposta di Giulio Occhionero è interessante: “[...] [...] Renzi [...] aveva appena ceduto la presidenza del Consiglio a Gentiloni, nonostante le sue dichiarazioni di quei giorni, che lui non era a conoscenza di nulla, io non le ritengo credibili perché il Dis riferisce al primo ministro, quindi a meno che il Dis abbia lavorato in totale assenza di conoscenza da parte del presidente del Consiglio, sarebbe un fatto gravissimo, non è ipotizzabile. Il direttore della polizia postale [Roberto Di Legami, ndr] venne rimosso proprio in quei giorni e questo testimonia che succedeva qualcosa tra forze di polizia e di intelligence che non andava in quella direzione. [...] La stessa intervista dell’amico di Renzi, Marco Carrai, che aspirava alla direzione della cybersecurity, la mattina dopo il nostro arresto non può essere stata fatta in una notte... erano tutti pronti all’uscita di questa notizia, qualcuno stava costruendo un caso che doveva deflagare, secondo noi, fino a Whashington, ma gli è andata male". Come già detto, questa è la versione di Giulio Occhionero. IlGiornale.it al momento non ha elementi per smentire, nè per confermare.

L’Fbi infedele e l’anomalo comportamento dell’Ambasciata americana

Alla lista dei cattivi Giulio Occhionero aggiunge l’agente speciale Kieran Ramsey, Legal Attaché presso l’Ambasciata americana a Roma. Ramsey, già a capo dell’FBI di Boston quando avvenne l’attentato alla maratona [evento su cui l’ingegnere si concentra per addensare su Ramsey la nube di atroci sospetti, ndr], notoriamente vicino ad ambienti democratici, non solo ha attivamente supportato le autorità italiane nelle indagini, ma addirittura è stato lui, dopo il tentato attacco ad Enav, a certificare al Cnaipic che la licenza di una componente del malware Eye Pyramid era stata acquistata da Giulio Occhionero. Dopotutto, “il suo arrivo a Roma si pone all’incirca in linea con l’avvio dell’inchiesta Eye Pyramid”. Tutto torna.

C’è poi l’inspiegabile, anomalo, inqualificabile comportamento dei funzionari dell’ambasciata americana che non solo hanno minimizzato la situazione, senza fornire alcun supporto concreto a una propria concittadina – Francesca Maria Occhionero - in carcere, ma che difficilmente potevano non essere a conoscenza di quanto il Cnaipic stava cercando di fare con il supporto di Ramsey [ovvero violare lo spazio cybernetico americano, ndr]. E se pur sapendolo non hanno fatto niente, per questi funzionari si prospetterebbe un accusa per “alto tradimento”. Nientemeno.

“io credo – afferma Giulio Occhionero ai microfoni di Aracne.tv - che qualcuno nell’ambasciata americana a Roma abbia agito in maniera molto sbagliata e purtroppo sono gli stessi nomi di quelli che figurano nell’inchiesta sul presidente Trump”.

Le interviste di Antonello Nicosia

Veniamo ora al sodalizio con Aracne.tv. Per il programma “Mezz’ora d’aria”, i fratelli Occhionero rilasciano tra luglio e settembre 2019 ben cinque interviste. I contenuti spaziano dalle teorie del complotto – tutte ben argomentate e già presenti nella memoria inviata a Perugia da Giulio – alle rispettive esperienze in carcere. Dopotutto, il focus del programma è proprio quello di denunciare gli abusi che avvengono dietro le sbarre. A condurlo è Antonello Nicosia, che nel 2022 viene condannato dalla corte d’Appello di Palermo a 15 anni di carcere per associazione mafiosa. Come assistente parlamentare dell’ex deputata di LeU e poi Italia Viva Giuseppina Occhionero [si tratta di un caso di omonimia, non c’è parentela tra lei e i due fratelli, ndr], Nicosia avrebbe fatto da “messaggero” tra alcuni mafiosi carcerati e l’esterno. Ma al di là delle vicende giudiziarie del conduttore del programma, quello che è interessante è ascoltare Giulio Occhionero che argomenta ed espone in modo lucido e implacabile quanto già scritto un anno prima nella memoria inviata a Perugia. Sorvolando sugli aspetti già presi in esame, restano due dettagli che hanno attirato la nostra attenzione.

Le interrogazioni parlamentari

Di fronte a un conduttore eccessivamente sbilanciato a favore di chi sta intervistando, Giulio Occhionero parla di come i media italiani – asserviti a uno Stato che in realtà è, secondo una sua interpretazione, un Deep State – tacciano sull’epopea sua e di sua sorella, mentre i media internazionali prestino grande attenzione alla vicenda, mostrando grande vicinanza ai due fratelli, che hanno avuto il merito – dice Francesca Maria – di aver “sventato un complotto”. Il confronto tra l’Italia e l’estero è sempre impietoso. In una delle interviste, Francesca Maria Occhionero lamenta che “[...] una serie di interrogazioni [parlamentari] sono state fatte e non c’è mai stata risposta”.

Tolto il fatto che di fronte alla telecamera non venga detto chi abbia fatto questa “serie” di interrogazioni, come per l’interrogazione di Giachetti all’allora ministro della Giustizia, ci siamo messi alla ricerca di questa “serie” di interrogazioni. Risultato? Nulla. L’unica interrogazione cui forse Francesca Occhionero può aver fatto riferimento – ma dove la vicenda Eye Pyramid non viene menzionata – è quella presentata dai parlamentari PD Andrea Romano, Alessia Morani e Anna Ascani il 2 maggio 2019 e riguarda il Russiagate, precisamente la scomparsa del professore Joseph Mifsud e il ruolo dell’Università Link Campus di Roma in questa storia.

Se qualcosa dovesse esserci sfuggito, siamo pronti a dare conto del nostro errore.

La resa dei conti

Arriviamo infine all’ultimo aspetto. Che già emergeva nella memoria, ma che viene ribadito con più forza nel corso delle interviste rilasciate a Nicosia. Secondo i due fratelli, c’è qualcuno – non meglio specificato – che per loro conto si sta attivando per cercare la verità. Immaginiamo siano gli avvocati difensori, ma forse non solo: “[...] nessun governo ha ancora fatto niente”, lamenta Giulio Occhionero, “[...] io ho informato le commissioni d’intelligence della camera e del senato degli Stati Uniti, ho scritto in copia all’FBI, ho scritto all’agenzia della difesa informatica del Pentagono e lì loro sono partiti con queste indagini”.

Sarà vero? Al momento non abbiamo riscontri. Certo, sono passati quattro anni da questa intervista. Se effettivamente gli organi d’intelligence del Pentagono stavano lavorando, qualcosa dev’essere andato storto. O forse, tutto era frutto della fantasia dell’ingegner Occhionero.

Questa – in estrema sintesi – è la versione dei fratelli Occhionero. Come detto, gli spunti da approfondire sono molti. Ci stiamo lavorando. Ma soprattutto, siamo pronti – a distanza di diversi anni dalla loro ultima esposizione mediatica – a dare ancora spazio, qualora volessero rettificare o aggiungere qualcosa, a Giulio e Francesca Maria Occhionero. Stessa cosa per tutte le altre persone da loro tirate in ballo in quello che, se confermato, sarebbe il più grande complotto della storia occidentale. O il più grande specchietto per le allodole.

Vedremo.

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