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Matteo Messina Denaro, il crepuscolo del boss mafioso: "Non mi pento"

Negli ultimi mesi di vita trascorsi in regime di 41 bis, gli elementi salienti di Matteo Messina Denaro sono principalmente due: il riconoscimento della figlia e il mancato pentimento di fronte ai magistrati

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L'ultimo padrino di Cosa Nostra, Matteo Messina Denaro, si è spento nel cuore della notte poco prima delle due: con la sua morte cala il sipario sulla storia dell'ultimo stragista. La malattia ha avuto la meglio, dopo mesi di agonia, sul super latinante che per oltre 30 anni ha vissuto nell'ombra ma sempre più debole a causa del cancro che cercava di curare laddove è stato catturato, quella clinica di Palermo che in un giorno qualunque (era il 16 gennaio 2023, lunedì) fu catturato dai carabinieri del Ros.

Gli ultimi giorni del padrino

Trasferito immediatamente nel supercarcere dell'Aquila e rinchiuso in regime di 41 bis, ecco che è iniziata l'ultima fase di vita del boss mafioso condito di due elementi importanti: il riconoscimento della figlia Lorenza e il mancato pentimento per quanto commesso in vita di fronte ai magistrati. Quando era ancora il numero uno di Cosa Nostra, Messina Denaro ha condotto una vita senza sbavature come vuole il codice d'onore: pochissima televisione, molte letture e le terapie alle quali si sottoponeva in un'infermeria vicino la cella dove viveva. Poi, però, l'aggravarsi della sua salute aveva richiesto uno sforzo in più e la "visibilità" a tutti nonostante cercasse di camuffarsi con cappello, occhiali e cappotto.

Quando disse: "Non mi pento"

All'ospedale de L'Aquila è stato ricoverato più volte fino a quando, dopo gli interventi chirurgici, i medici hanno deciso di sospendere la chemioterapia e accompagnarlo al fine vita con la terapia del dolore. Negli ultimi giorni non è più tornato in carcere e, rispettando quanto scritto nel suo testamento biologico, le macchine che lo tenevano in vita sono state staccate alla presenza del suo avvocato difensore che ha preso i panni di tutore legale. Non si è mai pentito, nemmeno di fronte all'ultimo scorcio di vita: come abbiamo visto sul Giornale.it, ha ripetuto più volte "Io non mi pento" quando si è trovato di fronte il procuratore Maurizio de Lucia, l'aggiunto Paolo Guido, i pm Gianluca de Leo e Piero Padova e il gip Alfredo Montalto.

Niente da fare, nessun pentimento di fronte a quanto aveva commesso nel corso della vita e soprattutto negando l'evidenza di aver fatto parte di Cosa Nostra o l'aver commesso omicidi come quello del piccolo Di Matteo, il figlio del pentito rapito, strangolato e ucciso. Oltre a tutto questo, nessun pentimento nemmeno per le numerose stragi e i traffici della droga adducendo, come scusa, "Stavo bene di famiglia" sottolineando che dei suoi averi non avrebbe mai fatto menzione. Infine, ha mantenuto il suo status di strafottenza affermando che "Se non mi fossi ammalato non mi avreste preso", ha dichiarato ai pm ricordando che è stata colpa del cancro se è stata possibile la sua cattura.

"C'è un'aria nuova"

A Castelvetrano, la cittadina siciliana dove Matteo Messina Denaro ha trascorso la maggior parte della sua vita, oggi si respira "un'aria nuova". Ma questo capitolo nuovo è parte di un percorso già iniziato, che deve continuare e deve condurre alla piena consapevolezza di chi era Matteo Messina Denaro: un assassino uno stragista", ha spiegato all'Agi il sindaco, Enzo Alfano, parlando della morte del super boss.

Ormai da decenni lo stragista "non apparteneva più a questa città: totalmente scomparso, gli unici ricordi che i cittadini hanno della sua giovinezza era di un uomo prepotente, che faceva paura".

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