Un minore straniero su due a rischio esclusione, con l'ombra della jihad

I dati Istat confermano l'allarme sui baby terroristi, come l'under 18 egiziano arrestato ieri nel Milanese

Un minore straniero su due a rischio esclusione, con l'ombra della jihad
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Un minore straniero su due è a rischio esclusione sociale e povertà. Eccolo, l’enorme bacino da cui pesca la jihad per reclutare nuovi soldati nella Guerra santa contro l’Italia, Israele e l’Occidente. Secondo l’Istat nel 2024 il 26,7% dei bambini e dei ragazzi sotto i 16 anni vive in famiglie con reddito basso, grave deprivazione materiale o bassa intensità lavorativa. Parliamo di più di 2 milioni di persone, sparse a macchia di leopardo soprattutto nel Mezzogiorno, dove l’incidenza è il 43,6% contro il 14,3% al Nord e il 26,2% al Centro. Dati in miglioramento rispetto al 2021, secondo lo studio, ma non per questo meno allarmanti.

Il rischio risulta più elevato per i minori che vivono con un solo genitore con il diploma (51,8%) o con tanti fratelli (53,3%). Ma il dato che fa spavento è quello relativo ai minori stranieri: è il 43,6 per cento, quasi il doppio rispetto ai coetani italiani, con un divario che si amplia nel Mezzogiorno, con il 78,2%.

Negli ultimi tre mesi sono tre i minori arrestati: il caso del 16enne iraniano arriva dopo i due ragazzi arrestati a Trento e a Bolzano.

Si tratta di italiani di terza generazione, provenienti dal Sudest asiatico, che mescolano jihadismo e suprematismo «bianca», indottrinati dall’Isis sui social o su Youtube allo «Stato islamico» o Daesh, un unico Stato nel bacino del Mediterraneo. Sono smanettoni che pubblicano su diversi profili materiale di propaganda, capaci di nascondere le loro tracce (non abbastanza, per fortuna), che dopo essere stati contattati via chat su Telegram o Whatsapp dai soliti cattivi maestri - come un mullah detenuto in Norvegia o un miliziano di Daesh - e convinti a compiere attentati, a fabbricare bombe grazie ai tutorial trovati in rete, pronti al martirio in nome di un giuramento di lealtà e di appartenenza alla fede islamica che spesso non conoscono fino in fondo, quanto basta però perché l’adesione religiosa e la loro radicalizzazione suoni nelle menti di questi ragazzi fragili come un riscatto da un’esistenza altrimenti priva di stimoli.

Le indagini durano anni, partono da segnali di fragilità psicologica e problemi relazionali - segnali di rischio jihadismo abbastanza ricorrenti - che le agenzie educative cercano di intercettare (uno di loro era stato individuato dai servizi sociali e introdotto invano in un programma educativo e riabilitativo per la de-radicalizzazione) ma l’aumento vertiginoso dei casi è un segnale che non può essere sottovalutato. Non basta l’aspetto repressivo, «la prevenzione è la nuova frontiera dell’Antiterrorismo», ci aveva detto una fonte dell’intelligence che aveva partecipato ad alcune indagini.

Siamo di fronte a un nemico invisibile, che vive ai margini delle grandi città come Milano e che in silenzio pianifica di cancellare l’Occidente, complice anche la spietata propaganda pro Hamas e le terribili notizie provenienti da Gaza.

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