Le nuotatrici "ladre"? L'Italia peggiore

Se i fatti sono andati come sembra, siamo di fronte non solo a un furto, ma a qualcosa di ancora più subdolo e inquietante

Le nuotatrici "ladre"? L'Italia peggiore

Gentile direttore Feltri,
che idea si è fatto di quello che è accaduto a Singapore, dove due atlete della Nazionale italiana di nuoto sono state accusate di furto in aeroporto? A quanto pare, una di loro avrebbe nascosto dei profumi rubati nella borsa dell'amica. Confesso di essere rimasto molto colpito. Lei che ne pensa?

Alessio Bianchi

Caro Alessio,
penso che la vicenda sia vergognosa, a maggior ragione perché coinvolge non due cittadine qualsiasi, ma due giovani atlete che portavano sul petto la scritta «Italia» e che, almeno in teoria, avrebbero dovuto incarnare i valori più alti dello sport: lealtà, disciplina, rispetto, responsabilità. Invece, a quanto pare, si sono rese protagoniste e sottolineo: a quanto pare, perché attendiamo gli esiti definitivi di un episodio miserabile. Se i fatti sono andati come sembra, siamo di fronte non solo a un furto, ma a qualcosa di ancora più subdolo e inquietante: una ragazza avrebbe trovato nella sua borsa dei profumi rubati, e la collega avrebbe confessato di averceli messi lei, di nascosto, come risulta dai filmati della video sorveglianza. Capisce? Una compagna di squadra che espone l'altra al rischio di finire in galera a Singapore, dove non sono notoriamente teneri né democratici con i detenuti. E non mi si dica che si tratta di ingenuità. Questo comportamento non è solo illecito, è infame, perché tenta di scaricare la responsabilità su qualcun altro pur di cavarsela e di portare a casa il maltolto.

In Italia ci sarebbe stato il solito giustificazionismo, il pietismo, l'avvocato di turno a raccontarci le «fragilità» dell'imputato, la stampa intenta a minimizzare. A Singapore no. Laggiù non c'è spazio per sceneggiate e non si scherza. E l'Italia non ne esce bene, nemmeno questa volta. Altro che eccellenze italiane nel mondo: questa è una figuraccia internazionale.

C'è un dettaglio che mi fa particolarmente indignare. Ho letto che qualcuno si è lamentato delle perquisizioni a cui le ragazze sono state sottoposte. Ma per favore! Sono accuse ridicole. In un aeroporto, in un caso di sospetto furto, è ovvio e sacrosanto che la polizia intervenga, che perquisisca, che verifichi. Chi commette un crimine non può pretendere delicatezze, inchini o salvacondotti patriottici.

E invece no. Come sempre, in Italia, si punta il dito contro chi fa il proprio dovere in questo caso le autorità di Singapore e non contro chi sbaglia. La ragazza che ha rubato è diventata vittima, mentre le forze dell'ordine sono finite sul banco degli imputati. È l'inversione morale tipica del nostro tempo: l'indegno elevato a modello, il colpevole protetto, il responsabile deresponsabilizzato.

Chi ha un po' di senno sa bene che lo sport non è solo medaglie e flash, ma comportamenti, stile, esempio a cui ispirarsi. In questa storia non c'è nulla di esemplare. Soltanto una triste pagina di slealtà, individualismo, furbizia e viltà.

Questa non è solamente una ragazza che ha sbagliato. È una che, ben consapevole di quello che stava facendo, ha tentato di far pagare a un'altra il proprio errore. Ed è una che, se le accuse saranno confermate, non rappresenta l'Italia. Non rappresenta lo sport.

Non rappresenta niente, se non la decadenza morale di una generazione allevata nella convinzione che tutto sia permesso e che qualcuno, alla fine, le salverà sempre la pelle. In questo caso, il governo italiano.

Io dico basta. E dico soprattutto che in Italia sarebbe il caso di affermare un principio elementare che abbiamo sepolto: chi sbaglia paga.

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