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"Parmesano Snack": così la Colombia vuole appropriarsi del parmigiano

Un'azienda casearia colombiana ha tentato per la sesta volta di registrare il marchio "Parmesano Snack", sfruttando indebitamente la fama del parmigiano: l'ennesimo assalto (respinto) al "Made in Italy"

Alcune forme di Parmigiano Reggiano
Alcune forme di Parmigiano Reggiano

Il "Made in Italy" continua a riscuotere successi ed apprezzamenti in tutto il mondo, specie per quanto concerne il settore eno-gastronomico. Al tempo stesso però, i tentativi di imitazione da parte di aziende straniere che giocano sulla somiglianza fonetica sembrano moltiplicarsi. E dopo la vicenda Bolgheri - Bolgarè, stavolta è toccato ad un'altra eccellenza come il parmigiano difendersi dall'assalto: l'azienda colombiana Alpina ha infatti tentato per la sesta volta di registrare il marchio "Parmesano" ed è servita la sentenza della Sovrintendenza all’Industria e al Commercio, emessa proprio nelle scorse ore, per bloccare l'iter. A rendere noto l'accaduto è stato il Consorzio di tutela del Parmigiano Reggiano, in una nota pubblicata sul proprio sito nella quale ha ripercorso le tappe principali della vicenda.

L'escamotage dell'azienda colombiana

Tutto sarebbe iniziato qualche tempo fa quando l'impresa casearia sudamericana ha lanciato sul mercato locale il "Parmesano Snack", chiedendo successivamente la registrazione del "brand". Un'azione alla quale il Consorzio si è logicamente opposto, facendo presente come si trattasse di un chiaro stratagemma per sfruttare indebitamente la fama del ben più noto prodotto italiano. L'opposizione si basava oltretutto sul fatto che nel 2008 la Corte di Giustizia dell’Unione Europea ha stabilito che solo il formaggio Parmigiano Reggiano DOP può essere venduto con la denominazione Parmesan all’interno dell’Unione Europea. Tuttavia, la normativa che protegge il nome Parmigiano Reggiano all’interno dell’UE non vale in tutti i Paesi del mondo, aprendo la porta a usi non corretti del nome per formaggi prodotti negli Stati Uniti e in altri paesi. Ma le ragioni del Consorzio di tutela, perlomeno in questo caso, sono state accolte: la Sovrintendenza ha ritenuto che il marchio richiesto da Alpina fosse potenzialmente ingannevole poiché, a causa del prestigio e della fama del Parmigiano Reggiano nel mercato alimentare, l’inserimento della parola Parmesano potrebbe indurre in errore i consumatori sull’origine e sulle caratteristiche del formaggio.

Il "falso" parmigiano: un giro d'affari da 2 miliardi di euro

Il Consorzio non ha nascosto la soddisfazione per la decisione della Sovrintendenza, pur mettendo in guardia circa i tentativi di imitare il parmigiano: si stima che il giro d’affari del "falso" Parmesan fuori dall’Unione europea ammonti a 2 miliardi di euro, equivalenti a circa 200mila tonnellate di prodotto. "La nostra è un’azione portata avanti non solo nell’interesse di tutta la filiera del Parmigiano Reggiano, ma anche dei consumatori colombiani, che non correranno più il rischio di essere ingannati al momento dell’acquisto - il pensiero di Nicola Bertinelli, presidente del Consorzio - la decisione della Sovrintendenza all’Industria e al Commercio rappresenta una vittoria importante per il sistema delle indicazioni geografiche nel continente americano, poiché viene ribadita l’importanza fondamentale del legame tra prodotto, territorio e denominazione di origine.

Questa decisione è un’ulteriore pietra miliare su cui costruire una strategia più ampia a livello globale, che andrà a beneficio non solo della DOP Parmigiano Reggiano, ma di tutte le indicazioni geografiche".

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