Piccolo, non per tutti sei un dono

La storia di Mario, la donna che da anni vuole diventare uomo, racconta fino a che punto è arrivato il cortocircuito sul gender. Ma è un "ospite indesiderato" la vera vittima di questa battaglia di sedicenti diritti sul corpo delle donne, sul suo corpicino

Piccolo, non per tutti sei un dono
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La storia che arriva da Roma, raccontata ieri da Repubblica, racconta fino a che punto è arrivato il cortocircuito sul gender. C’è Mario, una donna che da anni vuole diventare uomo, ha già i documenti pronti, ma rimane incinta appena prima che la sua transizione sessuale si compia con l’asportazione dell’utero. E qui arriva un ospite indesiderato a smontare l’inganno che questa vicenda nasconde. È lui la vera vittima di questa battaglia di sedicenti diritti sul corpo delle donne, sul suo corpicino.

È a lui che bisogna spiegare questa deriva: «Ciao, piccolino. Ti chiamano “feto” perché hanno paura di dire che sei già un essere vivente, che hai dei diritti anche tu. Purtroppo, devo dirti una cosa che forse già sai. Tua mamma, che ti porta in grembo, aveva deciso di diventare un uomo grazie a delle medicine. E lo era quasi diventata. Poi sei arrivato tu. Sai, questa terapia ormonale potrebbe averti fatto del male. Ma questo dispiace solo a chi ti considera una persona, non a chi ti chiama soltanto “feto”. Sai, rischi di non venire al mondo perché questo percorso di “transizione sessuale” potrebbe aver danneggiato i tuoi organi. Sai, purtroppo questo posto così ospitale dove ti trovi a tua madre non piace più, vuole strapparlo via.

Per fortuna dei medici ti hanno visto, si sono accorti che c’eri anche tu, ma questo è un problema. Sai, devo dirtelo: questo mondo non ti vuole, è un posto orrendo per quelli come te. Altri bambini sono stati uccisi mentre si sentivano al sicuro, come ti senti tu, perché rappresentavano il simbolo di un tradimento, abbandonati perché frutto del capriccio di una notte, uccisi solo perché il peso di crescerli era insopportabile. Loro volevano solo vivere, come te, non ce l’hanno fatta.

È un peccato per tante donne e tanti uomini che vorrebbero ricevere il dono che ha ricevuto tua madre, ma non ci riescono. Sai, c’è un mercato che mette in vendita o in affitto l’utero dove ti trovi, e c’è anche chi dice che farlo sia un diritto, non una barbarie. Eh sì, questo mondo è strano. Concepire un bambino naturalmente come è successo a te è già scientificamente complicato, figurarsi quando manipoliamo o maltrattiamo i nostri corpi, viviamo stili di vita nocivi o archiviamo temporaneamente il desiderio di diventare genitori per inseguire una carriera, i soldi, un progetto di vita che non vi contempli in mezzo ai piedi.

Sai, dentro ognuno di noi c’è una cosa che si chiama “orologio biologico” che cambia i nostri corpi ogni secondo. Sai, c’è chi pensa che sia un diritto spostare a piacimento le lancette di questo orologio, che sia un diritto estirpare il ventre di tua madre anche se ci sei tu, che sia un diritto stravolgere il corpo che abitiamo quando non ci piace più. Sai, per qualcuno sei una pietra d’inciampo in una vita liquida e senza responsabilità.

Invece non sei ancora nato e sei già un miracolo, per chi ci crede, un regalo di qualcuno lassù. Hai solo cinque mesi ma a noi adulti stai dando una lezione di vita: non ci sono diritti, alchimie o terapie più forti di un grumo di cellule aggrappato alla vita».

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