Roma, sgominata una rete di sfruttamento della prostituzione: usavano il metodo del "lover boy"

Le giovani donne venivano reclutate attraverso false relazioni sentimentali e poi costrette a prostituirsi in alcune aree della capitale

Roma, sgominata una rete di sfruttamento della prostituzione: usavano il metodo del "lover boy"
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Ventuno personefermate, un flusso costante di denaro verso la Romania e un sistema di sfruttamento della prostituzione costruito sul cosiddetto metodo del “lover boy”: è il quadro emerso dall’ultima operazione congiunta tra la Polizia di Stato italiana e le autorità romene. L’indagine ha colpito un gruppo accusato di tratta di esseri umani, sfruttamento della prostituzione e riciclaggio.

Secondo la ricostruzione degli investigatori, quasi tutti i guadagni generati dallo sfruttamento venivano dirottati in Romania e lì reinvestiti in diversi beni: immobili, terreni e auto di lusso per un valore stimato intorno a 1.700.000 euro. Nel corso delle attività di polizia sono emerse anche armi da fuoco nella disponibilità dei membri dell’organizzazione, poi sottoposte a sequestro.

Come funziona il metodo del “lover boy”

Il gruppo puntava su un meccanismo ben rodato: il metodo del cosiddetto “lover boy”. Alcuni componenti instauravano con le vittime una relazione affettiva solo di facciata, promettendo una vita più sicura e più prospera in Italia. Una volta convinte a trasferirsi a Roma, le giovani donne venivano gradualmente allontanate da famiglia e affetti e si ritrovavano intrappolate in un contesto di sfruttamento. Le vittime erano costrette a prostituirsi in aree già note della capitale per questo tipo di attività, come viale Palmiro Togliatti, nella zona del Quarticciolo, e via Salaria.

La squadra investigativa Italia-Romania

Il risultato è il frutto di un lavoro coordinato tra più strutture: la Squadra Mobile di Roma e il Servizio Centrale Operativo hanno agito con il supporto di Europol, Eurojust, del Servizio per la Cooperazione internazionale di polizia e della rete @on diretta dalla Dia. Per seguire l’inchiesta è stata costituita una Squadra Investigativa Comune tra la Procura della Repubblica di Roma e l’autorità giudiziaria romena, strumento che ha consentito di mettere insieme informazioni, riscontri e attività esecutive sui due fronti.

L’indagine nasce dall’esecuzione di un mandato d’arresto europeo nei confronti di un cittadino romeno ricercato per tratta, sfruttamento e associazione per delinquere. L’uomo è stato bloccato in via dei Ciclamini, a Roma. Da quell’arresto si è sviluppata una più ampia ricostruzione che ha portato a individuare un sodalizio composto da due nuclei familiari, entrambi coinvolti nel reclutamento e nella gestione delle giovani donne romene.

Il controllo sulle vittime

Gli investigatori hanno documentato un rigido sistema di controllo: dalle auto a noleggio con targa romena utilizzate per accompagnare le donne sui luoghi della prostituzione, alle attività di vigilanza svolte dai finti fidanzati che imponevano orari, abbigliamento, modalità di approccio e tariffe. Lo scorso marzo tre membri del gruppo hanno aggredito due uomini che avevano tentato di importunare le donne "affidate" all'organizzazione.

I proventi nascosti sui furgoni e spediti in Romania

La

quasi totalità dei proventi veniva inviata in Romania attraverso spedizioni nascoste a bordo di un furgone gestito da un corriere compiacente, titolare di un'agenzia per il trasporto merci tra i due Paesi.

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