
Da mercoledì a domenica l'Italia è stata attraversata da manifestazioni per la Palestina che, ogni giorno, sono sfociate nella violenza. Anche l'ultima di Roma non ha fatto eccezione: al termine del corteo autorizzato, che si è svolto senza incidenti nonostante gli slogan e le bandiere per i terroristi, si è scatena la guerriglia in città. Gruppi di incappucciati, black block e collettivi con il volto coperto dalle kefieh hanno iniziato a marciare verso il centro di Roma, con l'obiettivo di puntare obiettivi sensibili come ministeri e la Stazione Termini. Lo spezzone sociale del corteo, che poi è stato fermato, ha espressamente dichiarato che avrebbe voluto raggiungere le "sedi dei ministeri per chiedere conto della complicità del governo con il genocidio". L'ennesimo pretesto per creare disordini e mettere a ferro a fuoco la città.
E nonostante questo, il Partito democratico nel pomeriggio ha avuto l'ardire di lamentarsi dei controlli che sono stati effettuati dalle forze dell'ordine. "Le persone a bordo sono state fatte scendere dai pullman e identificate. Altre segnalazioni arrivano anche dalla zona sud di Roma e dalle stazioni ferroviarie da dove giungono testimonianze di perquisizioni a tappeto e capillari", si legge nella nota del Pd. "Ci auguriamo che i controlli avvengano nel modo più corretto e rapido e che non si trasformino nella limitazione del diritto di queste persone a partecipare a una manifestazione regolare e autorizzata", hanno concluso. La replica non è tardata ad arrivare da parte del sindacato di polizia Coisp, che ha sottolineato in una nota diretta al Partito democratico che "dopo i 55 poliziotti feriti nel corso dei cortei e delle manifestazioni delle ultime 24 ore, oggi dobbiamo pure assistere all’incredibile presa di posizione di alcuni parlamentari del Pd che si indignano perché la Questura di Roma ha disposto controlli preventivi sui pullman e sui veicoli diretti al corteo della Capitale". Nota a margine: gli agenti feriti a Roma sono 41 nella giornata di ieri, che portano il computo totale, anche se provvisorio, a 96: troppi per "manifestazioni pacifiche".
"Forse questi signori non sanno, o fingono di non sapere, che proprio grazie a quei controlli sono state sequestrate spranghe, bastoni e maschere antigas diretti al corteo. A cosa servivano questi strumenti, a siglare un trattato di pace?", si chiede con sarcasmo il segretario Coisp, Domenico Pianese. "Chi vuole davvero difendere il diritto a manifestare dovrebbe essere il primo a pretendere che i violenti restino fuori dalle piazze, non a proteggere chi parte già equipaggiato per lo scontro", ha poi concluso il sindacalista. Parole che alla luce di quanto di gravissimo accaduto ieri dovrebbero far riflettere gli esponenti del Pd, pronti a gridare alla compressione del diritto, quando gli agenti erano impegnato alla tutela della sicurezza di tutti, anche la loro.
È uno sfogo di rabbia, invece, quello del sindacato FSP di Torino, che con il suo segretario Luca Pantanella fa notare che "non possiamo più accettare queste situazioni dove siamo di fatto lo scudo inerme dello Stato che ormai non regge più gli urti. Siamo stanchi di essere trattati come carne da macello". Quanto accaduto a Torino venerdì notte, prosegue il segretario Fsp, è stata una "vera caccia alla divisa con inseguimenti al contrario, agguati e feriti tra le forze dell'ordine". A criminali e facinorosi, aggiunge, "è concesso di devastare, saccheggiare, aggredire e persino attentare alla vita dei poliziotti.
E noi? Mandati in piazza come bersagli mobili, senza regole d'ingaggio, senza strumenti adeguati, senza la minima tutela. In questo Paese le leggi non valgono per chi devasta le città, ma solo per chi porta una divisa".