Scuola choc sul Ramadan: "Non si mangi in pubblico"

L’invito della preside di una scuola del Cremonese: «Evitare cibi per rispetto e sì a momenti di preghiera»

Scuola choc sul Ramadan: "Non si mangi in pubblico"
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Non bastava la scuola di Pioltello chiusa per il Ramadan, ora emerge un nuovo caso in una scuola di Soresina (Cremona) dove la preside ha inviato una circolare con oggetto «informazioni sul Ramadan e Linee guida per il personale docente» in cui si invitano i docenti a «evitare di consumare cibo o bevande» a scuola e si introduce la preghiera islamica.
Nella circolare firmata dalla dirigente scolastica Daniela Romano vengono inviate ai docenti le informazioni su come affrontare «questo importante periodo per la comunità religiosa musulmana presente nella nostra scuola» elencando una serie di comportamenti da adottare. I docenti sono invitati a promuovere una «pausa per la preghiera e momenti di riflessione»: «Quando possibile, fornite opportunità per i momenti di preghiera e riflessione durante la giornata scolastica per coloro che desiderano parteciparvi».
Il riferimento alla preghiera islamica stride con il principio di laicità della scuola che viene evocato ogni due per tre quando si propone di togliere il crocifisso dalle aule nonostante rappresenti un simbolo non solo religioso ma anche storico e culturale.
Come se non bastasse, i docenti vengono invitati a «evitare consumi alimentari in pubblico»: «Si prega di evitare di consumare cibo o bevande in luoghi pubblici all’interno della scuola durante le ore di digiuno del Ramadan, come segno di rispetto per coloro che stanno osservando il digiuno». La circolare continua poi con altre indicazioni che intervengono direttamente nella didattica scolastica creando una frattura tra gli studenti di diverse religioni e favorendo i musulmani con «le interrogazioni e le verifiche programmate» e «posticipando le prove dopo la prima settimana di Ramadan, evitando quindi il periodo in cui chi digiuna si abitua ai nuovi ritmi». Inoltre si invitano i docenti a non fissare «verifiche, interrogazioni, uscite o momenti importanti per la didattica» nel ventisettesimo giorno di Ramadan poiché è «considerato il più importante» e a non effettuare interrogazioni e verifiche nel «giorno della festa di fine Ramadan o il giorno successivo».
Tutto ciò, ca va sans dire, per «promuovere un ambiente inclusivo e rispettoso» così gli studenti cristiani non solo saranno costretti a subire queste decisioni ma dovranno anche ascoltare «momenti in aula dove le alunne e gli alunni che osservano Ramadan possano spiegare questo mese alle compagne e ai compagni non musulmani». Secondo Alice Ferrari, consigliere comunale di Soresina, sono inaccettabili «sia le premesse sia il contenuto di questa circolare, che di fatto realizza un trattamento di favore - non richiesto e non previsto - nei confronti degli alunni che professano una certa religione».
La gravità della circolare diffusa dall’Istituto comprensivo Bertesi di Soresina sta nel fatto che, nel nome di una presunta «inclusività», si chiede di modificare i propri comportamenti anche ai docenti e agli studenti non musulmani arrivando a imporre anche ai cristiani o ai non musulmani di non poter mangiare o bere a scuola.


Intanto ieri il sindaco di Milano Giuseppe Sala, commentando la chiusura della scuola di Pioltello per il Ramadan, l’ha definita «una decisione anche solo di buon senso» aggiungendo «mi spiace che sia stata contestata ma non è politica, è organizzazione. Se molti degli alunni sarebbero a casa, capisco la decisione». Il punto è che dietro a queste decisioni c’è ben poco buon senso ma un cedimento culturale nei confronti dell’islam.

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