Con molta probabilità i lettori non sentiranno più di tanto parlare delle stime Eurostat sulle emissioni di anidride carbonica dei paesi dell’Unione europea nel 2022. La notizia è di quelle destinate a passare in sordina poiché scardina una approccio ai temi ambientali spesso a senso unico e in linea con una visione di ambientalismo ideologico prevalente in Europa.
L’Eurostat fotografa infatti un calo delle emissioni di anidride carbonica per usi energetici nell’Ue del 2,8% rispetto al 2021, una diminuzione analoga a quella avvenuta in Italia. Le emissioni derivanti dai combustibili fossili (petrolio e prodotti petroliferi, gas naturale, carbone e torba) per uso energetico nei paesi dell’Unione europea hanno raggiunto lo scorso anno quasi 2,4 Gigatonnellate con un crollo del 13% dei consumi di gas.
Il calo delle emissioni per uso energetico ha interessato diciassette paesi dell’Ue con una flessione più cospicua nei Paesi Bassi (-12,8%), in Lussemburgo (-12%), Belgio (-9,7%) e Ungheria (-8,6%). Ad oggi la sola Germania rappresenta un quarto delle emissioni totali di CO2 dell’Ue derivanti da combustibili fossili, seguita da Italia, Polonia (entrambe 12,4%) e Francia (10,7%). Il dato francese fa riflettere poiché l’economia di Parigi è molto più ampia di quella polacca ma l’utilizzo massiccio di energia nucleare determina emissioni inferiori. Le stime Eurostat testimoniano un quadro per l’Europa addirittura migliore rispetto a quello presentato dall’Agenzia internazionale per l’energia (Iea) nel rapporto «Emissioni di CO2 nel 2022» in cui si attesta un calo delle emissioni del 2,5%. Eppure, a fronte dei dati positivi che arrivano dal vecchio continente, lo scorso anno le emissioni globali sono cresciute dello 0,9% raggiungendo il record di oltre 36,8 miliardi di tonnellate. Ciò significa che, a fronte del comportamento virtuoso dei paesi europei, ci sono nazioni che aumentano (e non di poco) le proprie emissioni. Se l’incremento negli Stati Uniti è pari allo 0,8%, a fare la parte del leone è la Cina che ha aumentato le emissioni del 4,2%. Una tendenza confermata anche nei primi tre mesi del 2023 in cui le emissioni cinesi sono cresciute del 4% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente facendo registrare livelli di gas serra senza uguali.
Già queste cifre, dovute alla crescita della domanda di combustibili fossili, sono significative ma scomponendo le fonti energetiche utilizzate, colpisce il quadro che emerge: il consumo di petrolio è salito del 5,5%, quello di carbone del 3,6% e quello di gas del 1,4%. Il dato che più impressiona è relativo al carbone, una delle fonti energetiche più inquinanti; nel 2022 Pechino ha concesso permessi per 106 gigawatt di capacità in 82 siti, il quadruplo della capacità approvata nel 2021 e pari all’apertura di due centrali a carbone ogni settimana. Mentre l’Europa si impegna a dismettere le proprie centrali a carbone, Pechino ne aumenta la produzione con alcune ipocrisie per cui l’energia prodotta con il carbone in Cina, viene utilizzata nelle industrie per realizzare la componentistica necessaria per le rinnovabili esportate in Occidente.
Invece di continuare il processo di autocolpevolizzazione dell’Europa con scelte masochiste in campo sociale ed economico in nome dell’ambiente, sarebbe necessario un approccio più pragmatico e meno ideologico. Se agli eco ribelli non dovesse andare bene, possono sempre bloccare le strade a Pechino ma non garantiamo sull’epilogo della protesta.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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