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"Usò soldi della società per comprare casa". Corona indagato per bancarotta

Nuovi guai giudiziari per l'ex agente fotografico, indagato insieme alla madre Maria Gabriella Agata Privitera. L'appartamento di via de Cristoforis a Milano era stato sequestrato nell'ambito dell'inchiesta sui soldi nel controsoffitto

 "Soldi della società per comprare casa a Milano". Corona indagato per bancarotta. Esclusiva

Fabrizio Corona è di nuovo nei guai. L'ex agente fotografico è indagato a Milano insieme alla madre, Maria Gabriella Agata Privitera, in un'inchiesta per bancarotta fraudolenta. Corona, difeso dagli avvocati Ivano Chiesa e Cristina Morrone, è accusato di aver sottratto, in qualità di amministratore "di fatto" della società Fenice fino al suo fallimento, la somma di 1,1 milioni di euro, cagionando così alla società "un danno patrimoniale di rilevante gravità".

La somma, secondo l'accusa, sarebbe stata utilizzata nel marzo 2008 "senza alcuna delibera o ratifica" per il pagamento di parte del suo appartamento in zona Porta Garibaldi, in via de Cristoforis 13. Appartamento che, stando all'avviso di conclusione delle indagini notificato agli indagati nei giorni scorsi, veniva "fittiziamente intestato all'amico, assistente e factotum Marco Bonati" ed era in realtà destinato all'abitazione di Corona. Lo stesso immobile era stato sequestrato nel 2016, nell'ambito di un'inchiesta sui 1,7 milioni di euro nascosti nel controsoffitto della casa della sua collaboratrice.

Ancora secondo l'inchiesta della procuratrice aggiunta Laura Pedio, in particolare, il "pagamento del prezzo dell'immobile, pari a 2 milioni di euro, veniva effettuato, per 1,1 milioni di euro" mediante 22 assegni circolari da “50 mila euro ciascuno”. La somma sarebbe stata poi trasferita, stando all'accusa, al pregiudicato calabrese Vincenzo Gallo che risulta essere il "beneficiario finale del pagamento".

Nella stessa inchiesta, Corona e la madre sono poi accusati di avere nascosto il libro giornate e il libro degli inventari dal 2011 sino alla data del fallimento con "lo scopo di recare a sé un ingiusto profitto e recare pregiudizio ai creditori" nonché al fine di “impedire al curatore fallimentare di ricostruire il patrimonio e il movimento degli affari e ostacolando l'accertamento delle condotte illecite".

Infine sono accusati di avere causato il fallimento della società con “sistematica omissione del pagamento dei tributi” per un ammontare complessivo di oltre 5,3 milioni di euro.

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