Strage di Erba, la Cassazione: revisione inutile, le prove sono solide

La sentenza della Suprema corte sulla mattanza di Via Diaz del 2006 spiega il no alla ripetizione del processo nonostante le tante incongruenze emerse in questi anni e riaccende il dibattito su colpevolisti e innocentisti

Strage di Erba, la Cassazione: revisione inutile, le prove sono solide
00:00 00:00

Sulla Strage di Erba non ci sono prove nuove, quelle esistenti sono solide e riscontrate da innumerevoli e minuziosissimi elementi. La Cassazione non smentisce se stessa e rispedisce al mittente la richiesta di revisione avanzata dai legali di Olindo Romano e Rosa Bazzi, condannati all’ergastolo per la mattanza dell’11 dicembre 2006 nella corte di Via Diaz costata la vita a Raffaella Castanza, a suo figlio Youssef, alla mamma Paola Galli e alla vicina di casa Valeria Cherubini. Delle tante incongruenze emerse in questi anni grazie al lavoro del pool di avvocati (Nico D’Ascola, Fabio Schembri, Luisa Bordeaux e Patrizia Morello) e rilanciate da questo quotidiano e dalle Iene la Suprema corte non sa che farsene, tanto a suo dire è solido «il tessuto logico-giuridico» delle principali prove, «la deposizione dibattimentale dell’unico testimone oculare, Frigerio e la presenza di traccia ematica riconducibile a Valeria Cherubini sull'auto di Romano» oltre alle confessioni, seppure ritrattate e zeppe di errori, insistono i legali, che in aula hanno sostenuto come la macchia di sangue fosse stata mal repertata e mal custodita, che il riconoscimento del supertestimone Mario Frigerio fosse tardivo e confuso. Prove, si legge nelle motivazioni della sentenza con cui i giudici della Quinta sezione penale della Cassazione lo scorso 25 marzo hanno rigettato la richiesta di revisione del processo sulla strage di Erba, acquisite «in ragione della loro autonoma consistenza», figlia anche di «un’ammissione di colpa riportata in appunti manoscritti e in scritti diretti a terzi (il diario di Olindo, scoperto dal Giornale).

A nulla è servita la mole di elementi presentati dai difensori di Olindo Romano e Rosa Bazzi, come la consulenza sul ricordo di Frigerio, marito della Cherubini salvo per una malformazione alla carotide e sopravvissuto all’incendio dentro la palazzina i cui fumi, dicono eminenti scenziati delle neuroscienze, potrebbero essere stati manipolati, tanto che non è possibile passare da un volto ignoto al successivo riconoscimento di un volto noto. «In realtà la sentenza definitiva di condanna ha appurato che Mario Frigerio aveva riconosciuto immediatamente e senza ombra di dubbio Olindo Romano mentre usciva da casa Castagna e proprio per questo gli si era avvicinato con fiducia - si legge nelle 53 pagine delle motivazioni - Come Frigerio stesso ebbe modo di spiegare in dibattimento, non intese dirlo subito agli inquirenti, ai figli e agli altri che lo sollecitavano, perché voleva capire: non si capacitava dell’accaduto e la sua mente rifiutava che un vicino di casa potesse aver aggredito con una simile brutalità lui e la moglie». Sulla retrodatazione del ricordo di Frigerio si sono scritti fiumi di inchiostro, le intercettazioni e alcuni fax confermano che quando avrebbe dovuto riconoscere Olindo secondo gli inquirenti, ai figli e al legale diceva di non ricordare nulla. Insomma, la Cassazione ne sa più dei massimi scienziati delle più diverse discipline forensi che si sono espressi, li tratta come scolaretti senza neanche aprire il dibattimento come sembrava dovesse succedere. Ci sono scritte delle palesi imprecisioni, per non dire falsità, come che nell’auto di Olindo i riscontri con il luminol diano origine a delle «luminescenze» quando chiunque sa che nella foto dei carabinieri - fatta con la luce accesa - la macchia di sangue non si vede. Alla faccia del concetto di «ragionevole dubbio» previsto dall’articolo 533 del Codice di procedura penale) e delle stesse sentenze di Cassazione (la 28 del 2001 a Sezioni unite, in particolare), che ha interpretato l’istituto della revisione nel senso del «favor revisionis» in osservanza dell’articolo 24, ultimo comma della Costituzione. Secondo i giudici sarebbe «manifestamente infondata la doglianza, ripetutamente evocata dai ricorrenti, circa l’assenza di una valutazione sinergica dei nuovi elementi di prova, da leggersi non in modo atomistico ma nelle reciproche interessenze». Come dire, le vecchie prove che non conosciamo in fondo bastano a condannarli, mentre «molti dei nuovi elementi proposti sono del tutto sforniti di idoneità dimostrativa, sì da rendere superflua una comparazione».

D’altronde, dire che i colpevoli del processo più mediatico degli ultimi trent’anni sono vittime di un abbaglio giudiziario avrebbe demolito anche la residua credibilità del sistema penale. E questo Paese - che ha il record europeo di errori giudiziari, dolorosi e pure costosi - non se lo può permettere, specie se sullo sfondo si staglia la separazione delle carriere che tanto male fa alle toghe nostrane.

Commenti
Disclaimer
I commenti saranno accettati:
  • dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
  • sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.
Accedi
ilGiornale.it Logo Ricarica