"Su Open Arms nessun obbligo di concedere il porto sicuro"

Il tribunale di Palermo spiega perché ha assolto Salvini dalle accuse di rifiuto d'atti d'ufficio e sequestro di persona: la nave poteva andare in Spagna o Malta

"Su Open Arms nessun obbligo di concedere il porto sicuro"
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L’Italia non era obbligata a concedere il Pos (porto sicuro, ndr) né ad accogliere la nave Open Arms né di coordinare nessuno dei tre eventi Safe and rescue dell’1, 2 e 9 agosto 2019» avvenuti in zone Sar non italiane, visto che la nave dell’Ong spagnola, che «navigava in acque internazionali, a oltre 50 miglia dalle coste italiane» sarebbe potuta tranquillamente andare in Spagna o Malta. È questa in sintesi la posizione del tribunale di Palermo che ha assolto l’allora ministro dell’Interno Matteo Salvini di non aver subito fatto sbarcare i 147 migranti soccorsi nel Canale di Sicilia.

Se dunque è giusta la decisione della nave di soccorrere i migranti, salvando «donne, uomini e bambini che si trovavano in alto mare, a bordo di imbarcazioni precarie e in imminente pericolo di vita» e così «adempiendo agli obblighi» e «operando all’interno del perimetro normativo delle convenzioni internazionali», secondo il collegio siciliano presieduto da Roberto Murgia, in 272 pagine ha spiegato perché ha assolto l’ex ministro Matteo Salvini dall’accusa di sequestro di persona e rifiuto di atti d’ufficio «perché il fatto non sussiste», depositando le motivazioni della sentenza emessa il 20 dicembre dell’anno scorso.

«La concessione del Pos non era «un obbligo giuridico», dunque non c’erano i presupposti per i reati ipotizzati dalla Procira, perché la nave non sarebbe stata respinta verso una nazione in cui sussista un ragionevole rischio di subire un pregiudizio alla propria vita, alla libertà, ovvero all’integrità psicofisica (in Libia, secondo la tesi dell’accusa, ndr) ma «confidando sul fatto che i paesi direttamente “responsabili” (Spagna e Malta) avrebbero potuto accogliergli, e così i migranti - e tra essi i rifugiati, coloro i quali avrebbero avuto diritto di asilo e coloro che avrebbero potuto correre il rischio effettivo di subire una violazione dei propri diritti fondamentali internazionalmente riconosciuti - non avrebbero corso i rischi sopra specificati».

«I tempi trascorsi in attesa del Pos potevano legittimamente spiegarsi (anche tenuto conto dei considerevoli tempi ordinari di sbarco impiegati in altre operazioni di salvataggio concluse in Italia, anche in epoca diversa dalla reggenza Salvini del Ministero dell’Interno) con l’esigenza di provvedere prima alla distribuzione dei migranti fra gli Stati Europei», aggiungono i giudici.

I pm di Palermo che hanno istruito il processo Open Arms incontreranno il procuratore Maurizio de Lucia per valutare l’appello. «La sentenza, con motivazione tecnicamente ineccepibile, riconosce la assoluta correttezza della condotta del ministro Matteo Salvini.

Non esisteva infatti alcun obbligo di far sbarcare Open Arms in Italia. La sentenza va anche oltre e precisa che chi ha sbagliato è stata proprio Open Arms nel non cercare altre soluzioni», spiega l’avvocato Giulia Bongiorno, che ha difeso il leader leghista.

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