Mentre al salone "Più libri più liberi" si allestisce la protesta contro "Passaggio al Bosco", casa editrice di destra per la quale ampie fette di intellettuali di sinistra, e pure Ilaria Salis, hanno chiesto la censura, la filosofa Donatella Di Cesare denuncia di essere stata censurata. Il caso è l'evento "Democrazia in tempo di guerra", che tra gli altri, oltre alla filosofa, vedeva ospiti Tomaso Montanari, Elena Basile, Luciano Canfora, Marc Innaro, Moni Ovadia, Marco Travaglio, Alessandro Di Battista, con organizzazione anche dell'Anpi.
"L’evento del 9 dicembre a Torino – con Angelo d'Orsi, Alessandro Barbero e molte altre voci della cultura italiana, tra cui la mia – era pronto. Contratto firmato, sala da 820 posti, iscrizioni esaurite in un lampo. Un appuntamento pensato per discutere, non per schierare; per interrogare il tempo della guerra, non per alimentare tifoserie. Poi, all’improvviso, il silenzio imposto. Una revoca inspiegabile, un teatro che chiude le porte, un dibattito soffocato prima ancora di cominciare. Oggi la censura non ha bisogno di proclami: basta negare lo spazio", scrive la docente de La Sapienza, candidata con Pasquale Tridico alle recenti elezioni Regionali della Calabria.
"Chi denuncia la retorica dominante, chi chiede pluralismo, viene subito etichettato, sospettato, isolato. Siamo arrivati al paradosso: chi difende la libertà di pensiero viene dipinto come pericoloso, mentre chi chiude gli spazi si nasconde dietro scuse amministrative", scrive ancora Di Cesare. Il post si apre con la legittima e condivisibile affermazione "togliere lo spazio della parola è censura" ma se si considera valido questo assunto, e lo è, allora perché lei stessa si è unita al coro per chiedere che venisse tolto lo spazio di parola alla casa editrice "Passaggio al Bosco"? L'Associazione degli editori ha rifiutato la richiesta proprio facendo leva su quel principio di pluralità che Di Cesare invoca per se stessa ma che sembra poter essere abdicato per gli altri.
"L’Aie, che organizza Più libri più liberi, potrebbe revocare lo stand", scriveva solo una settimana fa Di Cesare, "non per censura, ma per coerenza". Ma così è facile, non ci si può nascondere dietro un dito quando si avanza una richiesta così tranchant: revocare lo stand a una casa editrice che ha sottoscritto la carta proposta dall'Aie non è coerenza. E quando Di Cesare dice che "non tutto merita un palco" va inevitabilmente a incastrarsi con il diritto di parola e di espressione sancito dalla Costituzione.
Tutti sono liberi di esprimersi, chi lo desidera può non ascoltare. Ma ancora una volta è evidente il doppiopesismo di una certa corrente di pensiero che chiede che venga tolta la parola ad altri e sale sulle barricate quando lo prova sulla propria pelle.