La stanza di Feltri

La violenza è segno della nostra fragilità

Dall'inizio del 2023 sono oltre 65 le donne uccise in contesti familiari o affettivi. Troppe, sebbene il numero dei femminicidi sia diminuito rispetto allo stesso periodo dello scorso anno

La violenza è segno della nostra fragilità

Ascolta ora: "La violenza è segno della nostra fragilità"

La violenza è segno della nostra fragilità

00:00 / 00:00
100 %

Caro Vittorio, mi permetto di darti del tu perché ormai per me sei diventato un amico. Ti leggo dagli anni Ottanta, spesso sono d'accordo con te, qualche volta non lo sono, ma in ogni caso le tue parole mi spingono sempre ad una più attenta riflessione sui grandi temi dell'attualità. Ti confesso che sono preoccupata perché ogni mattina apprendo di morti sul lavoro e di donne massacrate dall'ex. Questa tipologia di notizie non manca mai da telegiornali e giornali. Lo hai notato anche tu? È una mia impressione o è tutto, come dici tu, fattuale?

Erica Molinari

Cara Erica, fai bene a darmi del tu, lo preferisco. Io mi concedo sempre questa libertà nel rispondere alle vostre lettere poiché intendo trasmettere il mio desiderio di intrattenere con ciascuno di voi una comunicazione diretta, intima, familiare. Bene. Cioè male, perché, come tu hai notato, ogni giorno ci riserva il suo carico di morti sul lavoro e di donne trucidate da ex mariti e simili. Non sbagli. Quindi possiamo dire che ciò di cui parli è assolutamente fattuale.

Dall'inizio del 2023 sono oltre 65 le donne uccise in contesti familiari o affettivi. Troppe, sebbene il numero dei femminicidi sia diminuito rispetto allo stesso periodo dello scorso anno. Sono contrario alla distinzione legale tra l'assassinio di un uomo e quello di una donna e non ritengo neppure che la categoria maschile sia indirettamente responsabile per intero del fenomeno. Lo ripeto sempre e lo ripeterò anche oggi: la responsabilità penale è personale. Eppure non si fa che scagliarsi contro il sesso maschile, definito tossico, sessista, bruto. Penso però che il fenomeno dei femminicidi, quantunque la parola mi sia poco gradita, derivi da una debolezza del sesso maschile, non imputabile, come sovente purtroppo accade, alla donna. Del resto, l'origine di ogni forma di soverchieria risiede in un senso di fragilità profondo. Chi è forte non ha bisogno di essere aggressivo. Io credo che gli uomini di oggi, non tutti ovviamente, ma tanti, siano un po' disorientati, addirittura confusi. Me ne accorgo quando giro per Milano e vedo ragazzi vestiti come donne, che si muovono come donne, sono centinaia, migliaia. Qui l'omosessualità non c'entra. Non la critico. Non la giudico. Non mi scandalizza. Ma la confusione sulla propria identità mi preoccupa, in quanto dilagante nonché prova di indeterminatezza. Se i giovani non sanno chi sono, come possono sapere cosa vogliono, chi desiderano diventare, quali punti di riferimento possono trovare fuori se non hanno neppure trovato il proprio baricentro? Come mi preoccupa la propaganda gender inflitta ai bambini già a cominciare dalle elementari, se non addirittura prima.

Oggi il maschio è smarrito. Ma la femmina non è più forte di lui, si finge spesso più solida di quanto non lo sia per andare avanti in un tipo di società dove fino a poco tempo fa l'uomo era dominante e in un mondo del lavoro in cui questi la faceva da padrone e dove resistono i retaggi di atavici pregiudizi. È l'individuo in generale ad essere disorientato. La violenza è il segno della nostra inconsistenza. Essa esplode lì dove maggiore è la fralezza. Allora si uccide perché non si accetta di essere lasciati, di dovere affrontare la fine e il senso di fallimento, di ritrovarsi da soli. Si è inetti, si è incapaci davanti al cambiamento. Il nulla viene preferito alla necessità di trasformazione imposta dalla vita, dal mondo che non si ferma, che muta.

Per quanto riguarda, invece, i morti sul lavoro, questi aumentano tragicamente. È un bollettino di guerra quotidiano. Più volte ho affrontato l'argomento che mi sta molto a cuore: siamo una Repubblica fondata sul lavoro dove tuttavia il lavoro vale sempre meno. Ma anche la vita dei lavoratori vale sempre meno. Perché tanti decessi? Non possiamo dare la colpa solo alle aziende, alle imprese, alla mancanza di controlli relativi alla sicurezza. Anche i lavoratori stessi si pongono in condizioni di pericolo, non indossano protezioni, non osservano le misure essenziali di salvaguardia, a volte considerate superflue.

Il lavoratore deve essere tutelato e deve altresì cominciare ad autotutelarsi tenendo conto del fatto che non siamo immortali e che l'incidente è dietro l'angolo.

Commenti