Nedved vuole fare il Platini e mandare a casa l’Italia

Nell’86 un altro juventino, Michel, eliminò la squadra di Bearzot dal mondiale. E la Repubblica Ceca si affida a un osteopata

Federico Ferri

da Westerburg

Il posto è di quelli che piacciono molto a Pavel Nedved, uno che ha scelto di vivere fuori città, non a Torino ma in una villa immersa nel parco della Mandria. Altro che una volta qui era tutta campagna, a Westerburg la campagna c’è ancora. E le mucche, la foresta, il lago artificiale (Wiesensee) dove la domenica arrivano da Francoforte, che sta a novanta chilometri, per fare il bagno. E così i tedeschi si rinfrescano, mentre i cechi si allenano. Per non affogare, in una classifica che ora li costringe a nuotare controcorrente. Contro l’Italia mancherà tutto un reparto, l’attacco, perché anche ieri gli infortunati Jan Koller e Milan Baros non si sono allenati, e il gigante di scorta Vradislav Lokvenc è squalificato. A questo punto, salvo miracoli (c’è anche un santone cinese che cerca di recuperare Koller), Karel Bruckner dovrà inventarsi soluzioni d’emergenza, giocare senza la torre, schierare la seconda punta Stejnar quasi come fosse una prima e trasformare Nedved in punta. E magari il nuovo ruolo lo convince a rinunciare alla pensione. Anche ieri, come sempre dopo una partita, lo juventino viaggiava con la borsa del ghiaccio avvolta intorno al ginocchio sinistro: stai male? «Io sto sempre male», la solita risposta di quello che ormai dopo ogni partita, dopo ogni calcione, medita di dire basta. «Dopo i Mondiali chiudo», ha confessato alla moglie Ivana. Ma le dice la stessa cosa da un paio d’anni: questa volta lo farà davvero? In tal caso, quella contro l’Italia potrebbe essere la sua ultima partita. In caso contrario, l’Italia quasi certamente sarebbe eliminata. Per mano di un italiano acquisito, di uno juventino, come accadde agli ottavi a Messico ’86. Allora lo juventino in campo era Platini, che poi giocò ancora un anno nella Juve decadente di Marchesi, e si ritirò.
Questa volta la partita non è a eliminazione diretta, ma ci siamo quasi. Come agli Europei del ’96, quando proprio Nedved e compagni diedero una lezione all’Italia del turnover sacchiano. «Ma adesso non stressiamo i giocatori, non sarà come una finale, possiamo definirla una partita da play off», commenta il vecchio saggio Karel Bruckner, con un paragone che ha le radici nell’hockey ghiaccio, lo sport più amato dalle parti di Praga. Uno scontro diretto, come quello fra due numeri uno, in tutti i sensi.

«Ma non sarà una sfida tra me e Buffon – dice Cech, portiere del Chelsea e pilastro della nazionale ceca – io preferisco parlare della mia nazionale e contro l’Italia, perché per qualificarci dobbiamo vincere per forza. Certo, per me sarà importante giocare contro Gigi, è la prima volta. Lo stimo molto, conosco il suo valore, dopo la partita lo abbraccerò. Ma spero di essere più felice di lui».

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