Roma - La Santa Sede torna a parlare di negazionismo. E lo fa con durezza. Se da una parte condanna l'Olocausto ricordando la recente presa di posizione di papa Benedetto XVI, dall'altra mette i paletti perché la fraternità di San Pio X possa entrar a far parte della Chiesa cattolica. "Il papa non era al corrente delle dichiarazioni negazioniste del vescovo Richard Williamson, nel momento della remissione della scomunica", ha spiegato la Santa Sede invitando proprio monsignor Williamson a ritirare le proprie tesi che avevano sollevato le polemiche dopo la revoca della scomunica a quattro vescovi lefebvriani.
Il monito a Williamson Per un'ammissione a funzioni episcopali nella Chiesa, il vescovo Williamson dovrà prendere in modo assolutamente inequivocabile e pubblico le distanze dalle sue posizioni riguardanti l'Olocausto, non conosciute dal Santo Padre nel momento della remissione della scomunica. La posizione della Santa Sede riprende la linea dettata da Benedetto XVI il 28 gennaio scorso quando, "riferendosi a quell’efferato genocidio, ha ribadito" la piena e indiscutibile solidarietà con il popolo di Israele. Il Santo Padre aveva, infatti, affermato che la memoria di quel terribile genocidio deve indurre "l’umanità a riflettere sulla imprevedibile potenza del male quando conquista il cuore dell’uomo", aggiungendo che la Shoah resta "per tutti monito contro l’oblio, contro la negazione o il riduzionismo, perchè la violenza fatta contro un solo essere umano è violenza contro tutti". La Segreteria di Stato fa, quindi, suo l’auspico del Papa affinché "cresca l’impegno dei Pastori e di tutti i fedeli a sostegno della delicata e gravosa missione del Successore dell’Apostolo Pietro quale custode dell’unità" nella Chiesa.
Il riconoscimento del Concilio Per un futuro riconoscimento della Fraternità San Pio X, il Vaticano fa poi sapere che è "condizione indispensabile" il pieno riconoscimento del Concilio Vaticano II e del magistero dei Papi Giovanni XXIII, Paolo VI, Giovanni Paolo I, Giovanni Paolo II e dello stesso Benedetto XVI". Il Vaticano non mancherà, infatti, di "approfondire con gli interessati le questioni ancora aperte, così da poter giungere a una piena e soddisfacente soluzione dei problemi che hanno dato origine a questa dolorosa frattura".
I rapporti con la fraternità di San Pio X Con il decreto della Congregazione per i Vescovi, datato 21 gennaio 2009, la Santa Sede ha voluto "venire benignamente incontro a reiterate richieste da parte del Superiore Generale della Fraternità San Pio X". "Sua Santità ha voluto togliere un impedimento che pregiudicava l’apertura di una porta al dialogo - si legge nelle nota - ora si attende che uguale disponibilità venga espressa dai quattro Vescovi in totale adesione alla dottrina e alla disciplina della Chiesa". La gravissima pena della scomunica latae sententiae, in cui i vescovi erano incorsi il 30 giugno 1988, dichiarata poi formalmente il primo luglio dello stesso anno, era una conseguenza dell'ordinazione illegittima da parte di monsignor Lefebvre.
Lo scioglimento dalla scomunica ha liberato i quattro vescovi da una pena canonica gravissima, ma non ha cambiato la situazione giuridica della Fraternità San Pio X, che, al momento attuale, non gode di alcun riconoscimento canonico nella Chiesa Cattolica. "Anche i quattro vescovi - precisa la Segreteria di Stato - benchè sciolti dalla scomunica, non hanno una funzione canonica nella Chiesa e non esercitano lecitamente un ministero in essa".- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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