Negli asili ora serve la corsia preferenziale per italiani

Anna ha trent’anni, vive a Rimini ed è disoccupata. Suo marito guadagna poco, ha un lavoro saltuario. La coppia ha una bimba che potrebbe andare al nido comunale. E il condizionale è d’obbligo. Potrebbe perché la piccola è stata scavalcata in graduatoria dai suoi coetanei messi peggio di lei, tutti extracomunitari. Un’ingiustizia? Sì, quando gli stranieri presentano dichiarazioni dei redditi da miseria ma poi sono evasori totali perché lavorano in nero. Non sempre è così, d’accordo, ma chi glielo dice ad Anna e al suo compagno che la loro figlia deve stare a casa perché al nido c’è posto solo per gli stranieri? L’interrogativo indigna non poco. E quello di Rimini è solo un esempio. A Reggio Emilia non va meglio. Tanto che la Lega ha deciso di alzare la voce a modo suo a cominciare dagli asili nido. Chiedendo una corsa preferenziale per gli italiani in fasce. Il leghista Angelo Alessandri ha consegnato una mozione al presidente dell’Istituzione nidi e scuole che rivoluziona i criteri di ammissione nelle scuole comunali dell’infanzia. E viene proposto di escludere l’accesso ai nidi ai bambini, per esempio, che hanno i nonni all’estero o parlano poco l’italiano. Criteri da discutere e magari discutibili ma rivelano un’insofferenza e un’insoddisfazione dei cittadini italiani di fronte a servizi di prima necessità negati in nome di un egualitarismo spesso a senso unico. «Fino a oggi vigeva un razzismo al contrario - spiega Alessandri -. Dalle graduatorie nelle scuole, per esempio, restavano fuori dalle 200 alle 400 famiglie reggiane. La quota presa dagli extracomunitari era del 20% ma pari al 100% delle loro richieste. Ovvero nessun extracomunitario restava fuori. Quello che chiedevano, la graduatoria glielo dava. Mai esclusi, sempre avanti». La critica di Alessandri non è isolata. Cambia regione ma il problema resta lo stesso. La protesta ha inizio da Brusegana (Padova), ma ha raccolto centinaia di adesioni in tante città. E parte dall’associazione Sos famiglie. «I primi posti delle graduatorie hanno nomi stranieri – spiega la presidentessa Fiorella Rizzo -. Non è una questione di preferenze razziali, ma lascia fuori la stragrande maggioranza di famiglie con bambini piccoli». Peggio: «I parenti delle famiglie immigrate over-sessantacinque che chiedono il ricongiungimento familiare possono fare domanda di un aiuto economico all’Inps. Basta un’autocertificazione. Segue un aiuto di ben 580 euro senza aver mai pagato i contributi nel nostro Paese». La signora Rizzo rilancia: «Questo aiuto dovrebbe essere invece garantito ai nonni italiani che svolgono così un servizio sociale utile senza gravare sul servizio pubblico». Insomma, gli italiani, spesso nelle piccole realtà, sono discriminati. Salvo rare eccezioni. Come a Luzzara, dove Roberto Ferrari, direttore dell’istituto comprensivo, fa i salti mortali per non ghettizzare i bambini italiani. «Negli asili abbiamo la scuola dell’infanzia di Luzzara, con circa il 60% di stranieri, la scuola di Villarotta con l’83%, a Codisotto circa il 33%. Nelle prime sezioni di tre anni ci sono solo 14 italiani e 40 bambini stranieri. Così per evitare una ghettizzazione al contrario abbiamo fatto una sezione con i soli italiani e cinque stranieri e una sezione per soli stranieri».
Per far quadrare i conti, dunque, si va di fantasia, ma anche di abilità, come è successo a Milano dove c’è un vero e proprio miracolo al contrario.

Mariolina Moioli, assessore alla famiglia, scuola e politiche sociali del comune di Milano conferma di non «avere lista d’attesa, perché c’è posto per ogni bambino, sia italiano sia straniero che abbia titolo. Io ho modificato i criteri per la scuola dell’infanzia - spiega l’assessore - luogo educativo in cui si deve socializzare e apprendere. Una condizione fondamentale per l’integrazione».

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