Cronache

Nei giardini di plastica entrano le ruspe

Nei giardini di plastica entrano le ruspe

Giardini Baltimora, si volta pagina. Dopo anni di incuria e degrado, i tristemente noti «giardini di plastica» nei pressi di piazza Faralli, a due passi dalla centralissima piazza Dante, si rifanno il look. Le scritte che hanno imbrattato tutti i muri perimetrali, le aiuole disastrate e senza erba, i cespugli incolti e pieni di rifiuti, le deiezioni canine sparse ovunque e i barboni che usavano come rifugio i giochi dei bambini, lasciano finalmente il posto alle ruspe e ai tecnici dell'Aster per una bonifica completa. «I lavori sono partiti - spiegano i funzionari dell'assessorato al verde pubblico - e le prime cose da fare riguardano la bonifica della vegetazione, gli sfoltimenti dei cespugli, senza trascurare l'illuminazione da potenziare e la chiusura dei varchi poco illuminati».
Su quest'ultimo punto, non a caso, si sono concentrate le polemiche dei genovesi che hanno ripetutamente denunciato la presenza di senzatetto e tossicodipendenti che andavano a drogarsi nei punti più appartati dei giardini, approfittando di numerosi varchi incustoditi. «Da via del Colle - spiega un impiegato della Regione - è sempre stato un via vai di drogati che incontravano anche gli spacciatori nella zona dei giardini e spesso scoppiavano liti furibonde per il prezzo delle dosi. Fare avvicinare un bambino ai giochi è sempre stato impossibile. Chi si sarebbe messo contro quei balordi ubriachi che smaltivano la sbornia in cima agli scivoli?».
In effetti, la fama dei giardini è sempre stata piuttosto sinistra. Basti pensare al fatto che, poco dopo le sei di sera, una volta che gli impiegati avevano lasciato gli uffici, scattava una specie di coprifuoco e i giardini diventavano una vera terra di nessuno, popolata da barboni e punkabbestia che usavano l'area come toilette a cielo aperto. A rendere la situazione ancora più triste è il degrado più completo in cui versano da anni i lavatoi pubblici, realizzati dall'architetto Carlo Barabino nel 1797, meglio noti come i famosi «trêuggi» di via Madre di Dio, che sono stati spostati nei giardini, come monumento all'ingegno del Barabino, dopo lo sventramento del quartiere che ha provocato anche la demolizione della casa natale di Niccolò Paganini. Abbandonati all'incuria, i lavatoi si sono ricoperti rapidamente di graffiti, cartacce, bottiglie e rifiuti di ogni genere.
Non versa in condizione migliori la targa commemorativa di Niccolò Paganini, che è ricoperta di scritte. Ora, grazie a circa 99.000 euro messi a disposizione dalla Regione, 50.000 dal Comune e altrettanti dalla Fondazione Carige, si spera che i giardini subiscano una salutare metamorfosi entro pochi mesi. Restano dubbi sulla seconda fase del progetto, che prevede l'installazione di un campo di calcetto polivalente per disputare anche partite a tennis e di pallavolo, un chiosco bar e spazi per allestire il cinema all'aperto nei mesi estivi. Ma il problema, come sempre, non riguarda solo i progetti ma, soprattutto, il reperimento di «palanche».
«Non sappiamo ancora quando inizierà la seconda fase dei lavori - confermano i funzionari comunali - dato che siamo concentrati sul ricupero in corso dell'area verde e dell'illuminazione, che è certamente l'intervento più urgente». Ma le preoccupazioni non sono finite: «Ci auguriamo - spiega Chiara, studentessa universitaria - che, una volta completato il restauro, la gente normale riconquisti questi spazi, ma si tratta pur sempre di giardini all'aperto e non sono sicura che ci sarà una vigilanza continua, in grado di impedire che drogati e balordi riprendano a bivaccare negli spazi verdi, facendo ripiombare la zona nel degrado».

Ai posteri l'ardua sentenza.

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