Tra Antonio Di Pietro e Clemente Mastella i rapporti non sono mai stati idilliaci. Troppo diversi lex pm arrivato alla politica a suon di populismo e il politico di razza, cresciuto alla vecchia scuola della Democrazia cristiana. Amici mai, anzi tuttaltro. Soprattutto quando, quasi per una beffa del destino, Tonino e Clemente si sono ritrovati allo stesso tavolo, quello del Consiglio dei ministri del secondo governo Prodi: luno, Clemente, nel ruolo che sarebbe stato naturale per unex toga come Tonino, ministro di Giustizia; laltro, Tonino, alla guida di quellottima cabina strategica che è il ministero delle Infrastrutture.
Tra i due ministri sono scintille. E subito, dopo soli tre mesi. Le prime avvisaglie a luglio del 2006, sullindulto. Lo scontro frontale a ottobre, quando si vota il ddl Mastella di riforma dellordinamento giudiziario. Idv al Senato, si astiene (e a Palazzo Madama il «ni» vale «no»), la maggioranza va sotto. Ed è bufera. La sinistra minimizza, ma lo scontro tra i ministri è un terremoto. «A questo punto - minaccia Mastella - non posso far passare i provvedimenti suoi. Qui al Senato blocchiamo tutte le attività del ministero delle Infrastrutture». E ancora: «La pazienza è finita, mi sono rotto i c... di Di Pietro».
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