Roma - «Solo il centrodestra ha dimostrato di saper fare le riforme ». L’iperbole del presidente dei senatori Pdl, Maurizio Gasparri, rafforza un dato di fatto: negli ultimi sedici anni i governi guidati da Silvio Berlusconi hanno avuto un tasso di riformismo ben superiore a quello degli esecutivi di centrosinistra.
Un’analisi è possibile anche in termini quantitativi: solo dieci provvedimenti del trio Prodi-D’Alema-Amato possono connotarsi come vere e proprie riforme a fronte dei 46 varati dal Cavaliere.
Al di là dell’impietoso 5-1 in favore di Berlusconi c’è pure un riscontro fattuale. Il primo governo Berlusconi avviò nel 1994 la riforma delle pensioni che, leggermente modificata, divenne poi la legge Dini. Successivamente nel quinquennio 2001- 2006 ha posto in esserela riforma del mercato del lavoro con la Legge Biagi, una nuova riforma pensionistica (controriformata da Prodi e Damiano nel 2007), un cambiamento epocale delle aliquote fiscali, la legge obiettivo per le grandi opere e perfino la regolamentazione del conflitto di interessi e il Codice delle Comunicazioni con annessa riforma della governance Rai. Senza dimenticare la patente a punti.
L’esperienza è proseguita nel periodo 2008-2010 con la riforma del pubblico impiego, quella della contrattazione, la riforma dell’università, il piano casa, lo snellimento del processo civile e il ritorno al nucleare. E quante altre cose Berlusconi avrebbe potuto fare se gli alleati non fossero stati riottosi. Del centrosinistra, al contrario, c’è molto meno da ricordare. Un esempio sono le blande liberalizzazioni e la riforma del commercio dell’attuale segretario Pd Pier Luigi Bersani. Un altro le «riformine» sulla giustizia del ministro Flick (terzietà del giudice e indagine difensiva) che non hanno intaccato lo strapotere dei pm. Qualche altro tentativo è stato fatto con il «3+2» che ha trasformato l’università in un diplomificio e con l’inasprimento delle normative sulla sicurezza sul lavoro. Infine, il pastrocchio del titolo V della Costituzione che il centrodestra nel 2005 aveva pure modificato.
Non è un caso che ciò di cui i democrat vanno più fieri siano gli interventi finanziari: l’ingresso nell’euro (che non è una riforma) a suon di tasse e il Testo unico della Finanza che ha regolamentato l’offerta pubblica di acquisto, il cui primo caso di applicazione fu il passaggio di Telecom ai «capitani coraggiosi». Non è solo una questione di numeri, ma soprattutto di animus . Perché l’Italia è un Paese particolare: la parte politica che dovrebbe essere più conservatrice è quella che ha cambiato di più, mentre quella che si fa chiamare «progressista» ha in realtà sempre difeso lo status quo . Eppure nelle chiacchiere da bar, nel «luogocomunismo» degli intellettuali il centrosinistra è il riformismo per antonomasia. Giornali, tv, libri non fanno che descrivere il premier come un politico le cui realizzazioni non sono proporzionate agli obiettivi. Trascurando le 281 pagine di programma dell’Unione 2006 finite nel cestino tra lotte intestine e ripicche quotidiane.
La narrazione mendace dimentica che ormai il Pd e gli altri partiti di sinistra sono votati e seguiti dalle classi sociali meno propense al cambiamento: pensionati, impiegati e dirigenti della pubblica amministrazione. I D’Alema, i Veltroni, i Vendola che abusano della parola «riforme» sono molto più affezionati al passato di quanto non si creda. Tant’è vero che nel suo mesto editoriale di addio al Riformista , Antonio Polito ha svelato definitivamente la loro tattica pur aggiungendosi al coro dei critici di Berlusconi. Secondo l’ex direttore, infatti, «la destra rivolterà la vecchia Italia come un calzino » e «la sinistra si troverà dunque a governare un giorno un’Italia più moderna, alla cui modernità dovrà adeguarsi».
Lasciare il lavoro difficile agli altri per poi sfruttarne i benefici, un po’ come èaccaduto con la ripresina 2006-2007 che in Italia è morta sotto i colpi fiscali di Visco.
Ci sarà un motivo? La spiegazione risiede nella famosa canzone di Gaber Destra-Sinistra . D’Alema,Veltroni &C.sono ossessionati dal dover dimostrare di essere migliori, titolari di una «diversità che al momento dove è andata non si sa».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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