Nel Lazio Walter impone il segretario, il partito si spacca

RomaIl personaggio, diciamo, è più che noto. Ex assessore all’Urbanistica nella giunta di Veltroni, Roberto Morassut nella Capitale è da sempre «chiacchierato». Crocevia della politica romana, è stato artefice dell’ultimo Piano regolatore, una colata di cemento che attirò, la primavera scorsa, l’interesse di Report, il programma d’inchiesta di Milena Gabanelli. Morassut querelò, nonostante avesse avuto ampia possibilità, durante il servizio, di sostenere le proprie tesi.
Non è un caso che Veltroni abbia scelto proprio Morassut a capo della segreteria regionale pidina. Decisione che ha portato i dalemiani a disertare la votazione, seguiti dai seguaci di Letta e della Bindi. Morassut è stato votato dal 53 per cento degli aventi diritto. Avendo sulla carta con sé il 75 per cento del partito regionale, significa che i dissidenti anche nella corrente veltroniana sono stati tantissimi.
Matteo Orfini, strettissimo collaboratore di Massimo D’Alema, ha parlato di «errore drammatico» e di «arroganza» che mira a rivendicare «una continuità totale di un’esperienza di governo culminata con una sconfitta epocale». L’ipotesi di un ricorso per invalidare il frettoloso diktat dei veltroniani ieri è sembrata svanire. Ma la crisi dei rapporti tra Veltroni e D’Alema non finirà qui.

Anche perché trova in diverse altre regioni ulteriori situazioni di tensione altissima. «Febbre di crescenza», l’ha definita Anna Finocchiaro. Ma il partito neonato, botta dopo botta, non è detto che esca vivo dalla culla.

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