RomaChe qualcosa si muova, dentro il Pd, lo dimostra linalberarsi di Di Pietro, che urla allo «scandalo», e i primi segnali di nervosismo nellala non bersaniana del partito, che denuncia un «cambio di linea» sulla giustizia.
Al primo segnale dato da DAlema ieri ne sono seguiti altri. Difficile dire ora dove possano portare, tanto più con una campagna elettorale alle porte. Ma il gruppo dirigente del Pd sembra convinto che, come dice Enrico Letta, «se si continua col referendum su Berlusconi si perde». E che laggressione subita dal premier indica che «si è superato ampiamente il limite di guardia». Lintenzione di provare a raccogliere il ramoscello dulivo offerto dal premier (e di disinnescare la miccia delle elezioni anticipate) dunque cè. I sondaggi post-Duomo, che registrano un netto calo di gradimento per Di Pietro, dimostrano che lo scontro non paga, e che per un partito che aspiri a tornare al governo è urgente smarcarsi da quello che DAlema ha bollato come il «populismo» dellex pm. E anche, ma questo non viene detto esplicitamente, dalla tutela ideologica che Repubblica esercita sul centrosinistra.
Certo, lo strappo non sarà plateale, tanto più che alle Regionali Idv e Pd continueranno ad essere alleati. Ma come spiega Nicola Latorre, vicepresidente dei senatori, «non ci faremo dire da Di Pietro cosa dobbiamo fare» nel momento della «massima responsabilità». Basta inseguimenti sulla linea dellanti-berlusconismo giustizialista: «Berlusconi ha vinto le elezioni e deve governare: non sono le vicende giudiziarie che possono delegittimarlo». Mentre lex Ppi Merlo si occupa di bastonare il coté santoriano di Annozero, «zona franca dove le regole possono non essere rispettate».
Poi cè Letta, che definisce «importanti e utili» le parole di Berlusconi, e non chiude porte al confronto anche sulla giustizia. Anzi: «Mi ha colpito - dice - sentire in questi giorni parole di merito da molti protagonisti: quando si va sul merito ci sono molti punti di intesa».
Ovviamente non ci sarà nessuna intesa esplicita sulle «leggine ad personam», che DAlema ha definito una sorta di male minore rispetto alla riforma del processo breve, guadagnandosi lepiteto di «scandaloso» da Di Pietro. «Sul legittimo impedimento la nostra posizione è chiara: siamo contrari», precisa il responsabile giustizia Andrea Orlando, replicando agli «attacchi pretestuosi» del leader Idv. Il Pd si limiterà ad una «ferma opposizione» ma senza «salire sulle barricate», come spiega un suo dirigente. Collaborando invece al tavolo delle riforme istituzionali, rilanciato dal Pdl. Mentre lonere di portare avanti il mini-scudo processuale per il premier, che serve a guadagnare il tempo necessario a riapprovare per via costituzionale il Lodo Alfano, resta affidato allUdc, che in cambio chiede - e potrebbe ottenere - una modifica del processo breve.
Resta da vedere se il Pd saprà restare unito su questa linea. La Bindi, severamente rimbrottata in pubblico da DAlema e in privato da Franco Marini, per ora si adegua.
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