Roma Non sono soltanto gli ex An, ma anche molti big del partito privi di radici in via della Scrofa come Brunetta, Sacconi, Gelmini, Romani, Martino, Crosetto a vestire i panni dei samurai al grido di «no a un governo pastrocchio». Quanti sono non è dato sapere ma si giura che siano almeno un centinanio i pdl col mal di pancia all’idea di votare Monti. Soprattutto a votare un suo esecutivo a scatola chiusa perché, come dicono in molti, «noi la patrimoniale non possiamo votarla. E non la voteremo mai. Mai». Il ministro Matteoli, forte di una trentina di seguaci, sottolinea anche un altro aspetto: «Per tre anni e mezzo abbiamo litigato senza tregua con il Pd e le altre opposizioni, non abbiamo trovato un punto di incontro su nulla, neanche sulla politica estera. E ora andiamo al governo assieme? Gli italiani non capirebbero». Per restare nel recinto ex An anche la corrente di La Russa e Gasparri la pensa più o meno allo stesso modo e oggi a mezzogiorno i parlamentari che fanno riferimento a loro dovrebbero riunirsi nella sede della fondazione di Italia Protagonista per decidere il da farsi. In realtà La Russa sarebbe più propenso a bocciare l’ipotesi Monti mentre Gasparri sarebbe più aperturista. Proprio La Russa su Monti allerta: «Non c’è già un incarico a lui. Lo dicono i media. C’è il rischio che Monti possa entrare Papa e uscire cardinale... ». E ancora, lasciando un alone di mistero: «Al momento Berlusconi non ha avanzato proposte, lo farà giustamente dopo le sue dimissioni».
Nel partito spaventa soprattutto l’ipotesi che il Pdl possa sbriciolarsi in mille pezzi e dire addio all’alleanza strategica con la Lega. Il ministro Meloni è una delle principali sostenitrici del «no al tecnocrate» e al Giornale dice: «Non mi convince perché difficilmente un governo siffatto potrebbe dare delle risposte all’Italia. E ho paura che anche l’esecutivo Monti si arenerà. Serve un governo forte e che abbia la legittimità popolare. I governi li fanno i popoli e non i mercati». Di più: «Non capisco perché la crisi drammatica che stiamo vivendo, provocata non da Berlusconi ma dalla finanza internazionale, debba poi essere risolta dalla finanza stessa». E poi, parlando di Pdl, si sfoga: «E poi basta con queste distinzioni tra ex. Il no al governo tecnico è trasversale e accanto a me, Matteoli, La Russa e altri ci sono anche Brunetta, Sacconi, Gelmini». Vi spaccherete: «Stiamo lavorando affinché questo non accada». Rifiuta la categoria di ex An anche Mario Landolfi: «Non esistono più gli ex qualcosa ma i parlamentari del Pdl che legittimamente coltivano idee diverse rispetto ad un bivio decisivo come l’atteggiamento da assumere il giorno dopo le dimissioni di Berlusconi. Tanto è vero che vi sono esponenti come Alemanno favorevole a Monti e ministri come Brunetta, Romani, Sacconi e Rotondi ferocemente contrari. Li iscriviamo tutti al fascio?», chiede ironico.
In ogni caso gli scontenti non sono pregiudizialmente contrari a Monti come persona. Ma temono che le sue misure possano essere contrarie al loro credo. «Non possono chiederci di affossare il nostro futuro ma anche il nostro passato », dice un anonimo pdl. Ecco perché soprattutto grazie alla pressione degli antimontiani, dal Pdl arriva la richiesta di giocare una carta politica. Candidare, cioè, un politico per il dopo Berlusconi. Circolano i nomi: Monti va bene come ministro dell’Economia ma con premier Alfano o Amato o Letta o Dini.
Quest’ultimo nome apprezzato e sostenuto anche dal Carroccio. La mossa potrebbe raggiungere diversi risultati: ricompattare il Pdl, oggi a rischio di una spaventosa frattura; garantire la tenuta dell’alleanza strategica con la Lega, in vista di possibili elezioni nell’estate del 2012 o nel 2013; scongiurare un governo di tecnocrati, privo della legittimazione popolare; dimostrare che il Pdl non è totalmente commissariato da parte del presidente della Repubblica e dai potentati finanziari. Un tentativo, quello di lanciare un altro nome diverso da Monti, che tutti ritengono vada fatto ma su cui che in realtà credono in pochi. «Ho la sensazione che Berlusconi abbia già fattol’accordo per far salpare il governo Monti - confessa un deputato pidiellino - ma che provi fino all’ultimo di percorrere una strada alternativa che è un sentiero stretto, strettissimo. Poi bisognerà vedere quanto riesce a navigare». Altro contrario l’onorevole Maurizio Bianconi: «L’operazione Monti porta al commissariamento dell’Italia da parte della Bce; cosa già accaduta in Grecia secondo un disegno ben definito. Oggi le guerre si fanno con gli spread ma il risultato, ossia la nostra colonizzazione, non cambia. Ahinoi».
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