Letteratura

Nel Portogallo del '500 fra navigatori e archivisti "Lì c'è il mondo globale"

Edward Wilson-Lee ci porta in un secolo di arte, commerci, segreti e scontri fra culture. Come oggi

Una storia d'acqua di Edward Wilson-Lee (Bollati Boringhieri, pagg. 280, euro 28) racconta il Portogallo del XVI secolo, un mondo di esplorazioni e commerci globali, come il nostro, in cui l'incontro fra culture, abitudini, religioni e modi di vivere molto diversi si traduce in arricchimento e apertura ma, anche, in scontro e diffidenza. Come nel nostro mondo. Wilson-Lee, studioso di Shakespeare, cresciuto in Kenya al seguito dei genitori documentaristi e oggi docente al Sidney Sussex College di Cambridge, ci porta nella Lisbona del Cinquecento per raccontarci - come farà anche oggi al festival Testo di Firenze, ore 14, Arena Olivetti - di «Quando l'Europa scoprì il mondo». Ma, anche, viceversa. E lo fa attraverso due figure straordinarie e dai destini divergenti che, come spiega il sottotitolo, sono portatrici di «due visioni contrapposte della storia globale»: Damião de Gois e Luís de Camões. Il primo ambasciatore, archivista del Regno e primo traduttore della Bibbia in portoghese, aperto a ogni novità e cultura diversa e morto in circostanze oscure (forse fu ucciso...); il secondo vagabondo, avanzo di galera, viaggiatore causa esilio, morto povero in canna, futuro poeta nazionale del Portogallo e sostenitore di una visione molto più chiusa. E poi c'è l'acqua, intorno a cui ruota tutto: «L'acqua è presente in molti modi nel libro - racconta Wilson-Lee - come elemento che collegava il mondo nell'epoca delle grandi esplorazioni, e poi nelle tempeste e nei naufragi, e per gli uomini di mare che sono il cuore della storia... Ma il titolo è anche una provocazione: sarebbe impossibile scrivere una storia dell'acqua, che è dappertutto e sempre la stessa; e, allo stesso modo, narrare la storia umana implica delle divisioni artificiali fra persone e periodi, che spesso oscurano gli interessi condivisi e le continuità».

Il Portogallo del XVI secolo era terra di pionieri: «L'avamposto dell'incontro dell'Europa con il mondo più ampio, sia perché era una nazione di navigatori, sia perché, come Genova e Venezia, era un Paese che non temeva di intraprendere avventure commerciali. Costituì imprese commerciali dal Giappone al Brasile e, lungo queste vie, fluivano non solo merci, ma anche persone e idee. Il libro è, in parte, un'inchiesta su come e perché siamo diventati globali economicamente ma siamo rimasti così insulari culturalmente e spaventati dagli altri». Chi non era affatto spaventato, anzi, godeva di questa apertura, era Damião de Gois. «Damião è una di quelle figure uniche di tuttofare che si ritrovano in quell'epoca: era un ambasciatore e un collezionista d'arte, un compositore e un autore di guide di viaggio e anche l'archivista della Torre do Tombo a Lisbona». Una specie di Langley ante litteram. «All'inizio la Torre do Tombo era l'archivio della monarchia, ma l'espansione globale del Portogallo e il coinvolgimento della corona in affari a tutti i livelli l'hanno resa il primo deposito globale di informazioni. Attingendo da lì, Damião è riuscito a scrivere alcuni dei primi resoconti della cultura etiope e scandinava, a riempire le sue storie ufficiali di informazioni sull'Africa, l'Asia e il Sud America, e a far arrivare documenti a Giovanni Battista Ramusio, che poi li incluse nel suo rivoluzionario compendio». Ovvero Delle navigationi et viaggi, un pilastro della geografia moderna. In veste di diplomatico, Damião viaggiò per tutta Europa e incontrò Lutero, Melantone, Müntzer, Erasmo, Veselio, forse perfino Copernico... «Damião era straordinariamente aperto a ciò che il mondo aveva da offrire, nelle conversazioni era interessato alle posizioni di tutti: e tutto ciò, alla fine, si è rivelato estremamente pericoloso per lui». Il mondo era quello della Controriforma e, fra lotte di potere e fazioni nemiche, «ciascuno iniziava a categorizzare l'altro come abominevole e a considerare la propria causa come l'unica via verso la salvezza». Uno come Damião era scomodo: «La sua imparzialità era esplosiva. È facile individuare dei parallelismi con i nostri giorni...».

L'Inquisizione trovò i suoi appigli per condannarlo, e la sua traduzione dell'Ecclesiaste in portoghese finì subito nell'Indice dei libri proibiti. «Le accuse iniziali dell'Inquisizione nei suoi confronti riguardavano il celibato dei preti, su cui aveva fatto commenti poco saggi; ma ai loro occhi era colpevole, in senso più ampio, di proteggere il nemico: rimanendo fedele a Erasmo quando era fuori moda, cercando di conciliare le forze opposte della Riforma e scrivendo di culture non europee, senza dire che fossero sbagliate». Insomma era la sua visione della «storia globale» a essere sotto accusa: «La visione della storia di Damião era come la musica polifonica che amava comporre, nello stile del suo eroe Josquin Desprez: un contrappunto in cui la diversità delle altre culture non è necessariamente disaccordo ma piuttosto qualcosa che aumenta la meraviglia di fronte alla pienezza e alla varietà del mondo». Come nei dipinti di Hieronymus Bosch, che Damião adorava e aveva acquistato, e che si ritrovò a difendere anche di fronte all'Inquisizione: «Per lui, come per molti di noi, Bosch era uno spirito affine, qualcuno che guardava al mondo delle cose strane e vi scorgeva meraviglia, bellezza e divertimento»... Quanto alla fine di Damião, beh, il mistero della sua morte è uno dei punti da scoprire del libro di Wilson-Lee.

L'altro protagonista di Una storia d'acqua, Luís de Camões, è altrettanto affascinante: «Era costantemente in bancarotta, sempre dentro e fuori di galera, un attaccabrighe e un vagabondo, che trascorse 17 anni in esilio, lavorando come soldato e marinaio nell'Oceano indiano. Vide la maggior parte di quel mondo di cui Damião stava scrivendo e, quando ritornò in patria, aveva scritto i Lusiadi, il poema che lo rese il poeta nazionale portoghese». Camões è diventato un eroe romantico, amato anche da Melville e Von Humboldt: «La leggenda che crebbe intorno a Camões come poeta, amante e avventuriero, lo rese un modello perfetto per i romantici; e poi era un cantore straordinario del mondo naturale e, in particolare, del mare». Eppure, l'irregolare Camões sposò una visione della storia che era quella dei vincitori. «Camões si rese conto perfettamente che il suo ritorno dipendeva dal fornire al Portogallo, e all'Europa in generale, una visione eroica di sé e del suo posto nel mondo. In questa visione, il resto del mondo appare più o meno dormiente, mentre aspetta di essere scoperto dagli avventurieri europei...».

Oggi siamo ancora in Una storia d'acqua. «Viviamo anche noi in un'epoca in cui un aumento enorme della connettività globale dovrebbe significare maggiore comprensione fra le culture ma, come la storia narrata in questo libro dimostra, non sempre la connettività porta alla comprensione.

È un momento esplosivo, e non possiamo ritenerci tranquilli che le cose andranno per il meglio, perché in passato non è successo».

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