Finti poveri. Parenti stretti dei falsi ciechi e degli invalidi a comando che riempiono il Paese da Nord a Sud. Questa volta il blitz delle Fiamme gialle è scattato a Padova: i militari sono andati a controllare gli inquilini che vivono nelle case popolari gestite dall’Ater e pagano un affitto di 300 euro al mese. Il quadro è sconfortante: 60 persone (su 120) avevano ottenuto l’appartamento giocando con dichiarazioni dei redditi falsificate.
In sostanza, hanno rubato ai poveri, quelli veri, il diritto alla casa, sorpassandoli in graduatoria senza averne titolo. È il lato basso di Tangentopoli, la pancia furbastra e cinica di un’Italia che produce disonestà con ritmi da catena di montaggio, l’altra faccia della casta, quella che si mimetizza sul fondo della scala sociale ma che lì, ai piani bassi, non dovrebbe stare. E le notizie che arrivano da Padova, purtroppo, si legano a quelle che rimbalzano da Lucca e Bari.
A Lucca sono stati smascherati 62 poveri altrettanto fasulli, che raccattavano sussidi e aiuti, ma che non se la passavano male. La Finanza ha messo in fila addirittura 37 evasori totali, sconosciuti al fisco, ma capaci di far sparire redditi per 38 milioni di euro. E da Bari arriva la storia di una colossale truffa all’Inps con la bellezza di 467 falsi braccianti agricoli.
Ma il colmo dell’indignazione l’hanno raggiunto quelli che nelle case dell’Ater di Padova ci vivono per necessità, scontrandosi con le piccole, grandi umiliazioni di chi è costretto a pesare anche i centesimi di euro. Sono stati loro a dare una mano agli investigatori che avevano scoperto che qualcosa, e anche di più, non quadrava. Nelle graduatorie dell’Ater si sale e si scende autocertificando il proprio status e così il 56% ha certificato l’inverosimile.
Il caso più clamoroso è esploso a Monselice, in provincia. Una vedova aveva risalito le classifiche come il sasso scagliato da una fionda: «Vivo con una pensione annua di 20mila euro», aveva spiegato ai funzionari dell’ente, strappando probabilmente loro anche una lacrimuccia. Con quelle cifre l’appartamento popolare le spettava di diritto. Ma i condomini, che fanno economie sì, ma non sono scemi, hanno notato che sotto il palazzo era parcheggiata una Mercedes Cls 350, che a spanne costa 65mila euro. Come si concilia l’auto scintillante con una pensioncina così fioca? Nessun mistero. Si è capito che a casa sono in tre: la mamma, la vedova, e i due figli. Tutti e due con reddito: lei, la ragazza, proprietaria di un altro appartamento; lui, il rampollo, con la Mercedes in garage. Piccolo dettaglio: le regole dell’Ater non ammettono scappatoie: la mamma avrebbe dovuto dichiarare tutte le entrate del nucleo, non solo le sue. Adesso rischia di perdere la casa, ma lei non perde la lingua: la famigerata Mercedes sarebbe di seconda mano e sarebbe stata pagata «solo» 20mila euro. L’equivalente di un anno di pensione, con cui sarebbe già problematico riempire il serbatoio di uno scooter. Altrettanto sfacciato un artigiano che da molti anni vive in uno stabile Ater a Camposampiero, dall’altra parte della provincia. Lui ha una «vineria» molto nota a due passi dal Santo; un luogo alla moda, meta di happy hour, dove per uno Spritz ci vogliono otto euro. Altro miracolo: il barista in questione si sarebbe scordato di presentare nel 2010 la dichiarazione dei redditi, entrando così nel girone, affollatissimo, degli evasori totali.
L’uomo però ha voluto strafare. Era indietro, pure, con le rate delle non ingenti spese condominiali. L’Ater gli ha fatto notare che così non poteva andare avanti e lui si è tradito offrendo un gruzzolo in contanti di 10mila euro per saldare il debito.
Un po’ strano: l’indigente che fatica a mettere insieme il pranzo con la cena, e poi ha un tesoretto a portata di mano.
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