Nella «città dei diritti» il sindaco invita solo chi l’ha devastata

Ore 12.30, palazzo Tursi. Il sindaco apre la sua «città dei diritti» ai no global arrestati per le devastazioni del G8. Invita nel salone di rappresentanza del Comune i manifestanti diventati parti civili al processo di Bolzaneto. Cioè quelli che erano stati portati nella caserma in quanto fermati durante gli scontri di strada e poi diventati anche vittime del comportamento di alcuni poliziotti e medici. Questo, peraltro, è quanto ha stabilito la magistratura al termine di un processo, con una sentenza. I giudici hanno detto a chiarissime lettere che a Bolzaneto non ci fu alcuna tortura, non ci fu alcuna soppressione dei diritti civili. Comportamenti censurabili di singoli sì, episodi gravi per chi veste una divisa, senza dubbio. Ma non tortura.
Perà Marta Vincenzi accoglie chi venne fermato per gli episodi di violenza in città, con l’accusa di aver contribuito a devastare la città stessa, come simboli dei diritti negati, che Genova «città dei diritti» vuole restituire loro. Un atto simbolico di fortissimo impatto, quello organizzato oggi dal sindaco. Un atto che però sceglie chiaramente da che parte stare.

Dalla parte dei manifestanti e contro le forze di polizia. Perché insieme ai no global, magari per un lodevole tentativo di pacificazione, Marta Vincenzi non ha invitato anche le forze dell’ordine. Loro, evidentemente, non hanno posto nella «città dei diritti».

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