Nella Sicilia degli sprechi telefonavano gratis amici, parenti e amanti

I deputati hanno dato schede telefoniche dell’Assemblea regionale a circa 700 persone. E la Procura ora indaga per truffa e peculato

Nella Sicilia degli sprechi  telefonavano gratis  amici, parenti e amanti

Mogli, figli, genitori. Ma anche amanti, semplici amici, amici degli amici, persino probabilmente qualche sconosciuto. Perché un regalino che non costa nulla non si nega a nessuno. E i deputati di quella Regione sempre in pole position per gli sprechi che si chiama Sicilia sono generosi, dividono volentieri i loro privilegi con familiari e affini. E così circa 700 persone, per oltre cinque anni, avrebbero telefonato a sbafo, grazie alle schede che nella legislatura 2001-2006, la Tim dava al Parlamento siciliano in virtù di una convenzione ad hoc. Tanto, il conto, era a carico di mamma Regione.

È ai limiti del paradossale l’ennesimo scandalo targato Sicilia su cui, come ha anticipato l’edizione palermitana di Repubblica, si sono accesi i riflettori della Procura di Palermo, che ha aperto un’inchiesta, con l’accusa di truffa e peculato. Grazie a una convenzione business che adesso il Parlamento siciliano ha rescisso, la Tim forniva ai deputati regionali cellulari e schede, che gli onorevoli siciliani giravano a propria volta a assistenti e collaboratori.

Solo che le schede distribuite ai 90 parlamentari sono state quasi 700, 670 per l’esattezza, poi equamente suddivise tra collaboratori, familiari, amici, qualcuno l’ha persino regalata all’amante. Le schede non sono mai state restituite, anche quando l’onorevole ha cessato il mandato. E adesso l’Assemblea regionale, per rispondere ai magistrati - non è escluso che sul caso intervenga anche la Corte dei conti - sta faticando non poco a tentare di ricostruire il tutto, visto che neanche gli uffici hanno idea di chi siano stati i destinatari di quelle schede telefoniche. Paradosso nel paradosso, i deputati siciliani - equiparati ai senatori - avevano, tra i loro benefit, un’indennità per spese telefoniche pari a 350 euro mensili.

A scoprire, per puro caso, la vicenda sfociata ora in un’indagine, i carabinieri, che stavano analizzando, per conto della Procura, alcuni contatti telefonici di Massimo Ciancimino, il figlio del sindaco boss di Palermo finito in disgrazia dopo che i pm, che lo consideravano teste chiave per la trattativa Stato-mafia, lo hanno messo sotto inchiesta per calunnia all’ex capo della Polizia, Gianni De Gennaro. Alcune utenze contattate da Ciancimino junior, infatti, risultavano intestate all’Ars. Di qui l’inchiesta.

E anche la sorpresa. Il Parlamento siciliano, infatti, si era già accorto del pasticciaccio delle schede, quando, per il 2007-2008, era arrivata dalla Tim una richiesta di oltre 300mila euro, appunto per le chiamate di quei 700 telefonini. Contenzioso risolto senza sborsare un euro di soldi pubblici, dice oggi la Regione. «Non è mai stata l’Assemblea a pagare – ha spiegato a giornalisti e pm il direttore del servizio informatico, Gaetano Savona – dal 2001 al 2006 arrivava bimestralmente un “bollettone” all’Ars che poi provvedeva ad addebitare in busta paga gli importi delle schede in convenzione ai singoli dipendenti. Dalla fine del 2006 fu imposto ai dipendenti di stipulare singoli contratti con la Tim, sempre a tariffe agevolate».

Insomma, non sarebbero stati sprecati soldi pubblici. O almeno, sarebbero stati sprecati sì, ma da chi aveva preso e poi distribuito a pioggia quelle preziose schede telefoniche. Neanche per il contenzioso con la Tim, che aveva presentato alla Regione il conto per le telefonate del 2007 e del 2008, ci sarebbe stato spreco di denaro dei cittadini: «Abbiamo fatto presente all’azienda – spiega ancora il direttore del servizio – che si doveva rivalere sugli intestatari delle schede e non sull’amministrazione, e la vicenda poi si è chiusa senza nessun esborso dell’Assemblea regionale siciliana».

Sulla stessa linea anche il presidente dell’Ars, Francesco Cascio (Pdl), che ha disposto lo stop al privilegio a pioggia dei cellulari: «Nemmeno un euro – sottolinea – è stato speso per questa vicenda. La convenzione con la Tim, dopo alcune indagini interne, è stata chiusa già nel 2010 e senza alcun costo». L’indagine della Procura, comunque, non si ferma, ci sarebbe già qualche iscritto nel registro degli indagati. E nel frattempo prosegue anche il lavoro di ricostruzione di quei cadeau telefonici, perché molti ex deputati non hanno risposto alle richieste di chiarimenti.

Un bel business, quello dei telefonini del Parlamento siciliano. Per i cellulari di servizio (quelli di dirigenti ad alta reperibilità e autisti) nel 2011 sono stati spesi 8.864 euro, duemila euro in meno del 2010, quando la spesa era arrivata a 10.225 euro.

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