VareseIl mostro avrebbe lasciato un'impronta. Nella villetta della mattanza ci sarebbe l'orma di una scarpa da uomo. Una traccia scovata in mezzo al lago di sangue. Un tassello cruciale nella caccia al killer che ha sgozzato e mozzato le mani alla pensionata 82enne del Varesotto.
Gli investigatori non rivelano altro. Il riserbo è ferreo. Ma questo dettaglio è il principio del filo da cui si snoda l'ingarbugliata matassa dell'indagine. L'inchiesta, però, si attorciglia anche attorno a un altro mistero: quello delle mani sparite. I due arti della donna, tranciati dall'assassino, non si trovano: chi l'ha uccisa, colpendola forse con un cacciavite, se li è portati via.
Intanto, stando a una prima ispezione del cadavere di Carla Molinari, in attesa dell'autopsia di domani, emerge che le sue mani sono state amputate di netto, con ferocia e precisione chirurgica, senza lasciare sangue sui polsi. Questo farebbe supporre che siano state recise quando la donna era già morta. E gli inquirenti sono ormai certi che la pensionata non indossasse gioielli. Quindi chi l'ha barbaramente mutilata non l'avrebbe fatto per rubare. Ma piuttosto è come se il killer avesse voluto infierire su quel corpo per lasciare la sua firma, per sfregiarlo, per lanciare un orribile messaggio simbolico. O per far sparire un «reperto» che potrebbe portare alla sua identificazione. Un cosa mai successa prima dora in Italia e che ha un solo precedente al mondo, almeno stando a uno screening eseguito dagli inquirenti negli Stati Uniti, anche se la pratica era diffusa negli episodi di pulizia etnica nellex Jugoslavia.
Questa macabra mutilazione sposta la pista investigativa verso uno psicopatico, uno squilibrato, un pazzo furioso che ha agito accecato dall'odio e dalla violenza. Ecco perché non escludono nemmeno la pista satanica. Gli inquirenti sono di fronte a un cocktail criminale da film horror. Al punto che, ieri mattina, gli uomini della Scientifica sono tornati ancora nella villetta del massacro. Hanno fatto altri rilievi, nuovi riscontri, cercato ulteriori conferme alle loro congetture.
È vero invece che la vittima viveva in uno stato di perenne paura di essere derubata. Lei lo avrebbe confidato in più occasioni ai vicini. E a spingere in questa direzione ci sono anche le inferriate alle finestre. Così come investigatori, coordinati dal procuratore Maurizio Grigo, continuano a scavare nella cerchia delle amicizie della pensionata, perché il mostro avrebbe un volto familiare. Tanto che al buio, sotto una fitta pioggia, lei gli avrebbe aperto la porta di casa. E una volta dentro, il killer l'ha trucidata. «Abbiamo sentito molte persone - dice il procuratore - e nei prossimi giorni ci saranno interrogatori più mirati. Per adesso lavoriamo su un ampio ventaglio di ipotesi».
Negli uffici della squadra mobile a Varese c'è una pista di questo brutale e sconvolgente delitto che viene ormai scartata: la tentata rapina finita in tragedia. Perché dalla casa dove dell'ex tipografa, nubile e senza figli, che da anni, dopo la scomparsa del padre, viveva sola non è stato portato via nulla. Chi l'ha ammazzata ha rovistato nei cassetti, ma forse soltanto per simulare una razzia mai messa a segno. La donna, trovata a terra nella cameretta degli ospiti, deve aver urlato parecchio ma nessuno pare aver udito nulla tanto che lallarme è scattato solo poco dopo le 22.
A infittire il mistero di un delitto che ha traumatizzato il piccolo paese di Cocquio Trevisago, c'è anche il ritrovamento di quattro mozziconi di sigarette. Ieri, in serata, la conferma che sono di quattro marche diverse.
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