Nelle mani di Toldo risorge l’italian style

Nelle mani di Toldo risorge l’italian style

Gian Piero Scevola

La vendetta è un piatto che va gustato freddo e Francesco Toldo lo sa bene perché ha ingoiato calici ricolmi di fiele prima di potersi togliere questa soddisfazione. Perché a questo punto si può parlare di rivincita personale su quelli che già lo davano come un portiere finito, ma trattasi anche di una straordinaria ripresa del «made in Italy», dopo che negli ultimi mesi i nostri numeri uno erano stati messi in disparte dagli estremi difensori spuntati dall’estero. E la grande scuola dei portieri italiani, quella da sempre famosa nel mondo intero, è stata scavalcata dalla “nouvelle vogue” brasiliana, un’ondata di carioca iniziata anni fa (con alterna fortuna) da Taffarel e imperiosamente proseguita dai vari Dida, Julio Cesar e Doni. Con l’aggiunta di francesi (Frey, Bennefoi), argentini (Andujar e Cejas), australiani (Kalac), uruguaiani (Carini), sloveni (Handanovic) e greci (Eleftheropulos).
Toldo è stato una vittima di questa esterofilia e ha dovuto aspettare il ritorno dei quarti di coppa Italia contro la Lazio per far vedere di essere ancora un signor portiere. Perché un Toldo così, nessuno se lo sarebbe mai aspettato: attento, preciso, sempre ben piazzato, pronto a uscire fuori area di piede su un avversario lanciato, deciso nel buttarsi nella mischia per respingere di pugno, sicuro nelle uscite in presa alta. Lui che era ritenuto uno che non usciva mai; uno che, malgrado la stazza fisica, non sapeva far “paura” agli avversari; uno al quale il pallone sfuggiva dalle mani come una saponetta impazzita. E in una sola serata, in novanta minuti nel freddo di San Siro, l’Inter ha ritrovato il grande portiere di qualche stagione fa; l’Italia ha rivisto l’uomo che in un memorabile europeo aveva parato l’imparabile.
«Dire che sono contento è ancora poco», le parole di un Toldo visibilmente soddisfatto dopo la partita con la Lazio. «Nel finale abbiamo avuto qualche difficoltà ma ce la siamo cavata bene. In altri momenti avremmo beccato gol e invece in questa occasione abbiamo tenuto duro: questo gruppo è tenace e l’ha dimostrato. Ma tutta l’Inter è tenace e granitica e merita di andare avanti per ottenere il massimo in campionato, Champions e coppa Italia». A parlare della sua prestazione gli si illuminano gli occhi: «Credo di essere andato bene, anche se non è facile quando si gioca poco. Ma io mi alleno sempre duramente e cerco di dare il massimo quando vengo chiamato in causa». Ogni riferimento a Mancini che l’ha giubilato è puramente... voluto.
E quando il discorso va sulla crisi dei portieri, di Dida in particolare, ecco partire la difesa d’ufficio per l’amico-rivale sull’altra sponda del Naviglio: «È giusto che Dida venga difeso ed è ancora più giusto che a farlo sia la società. Quando uno sbaglia deve sentirsi protetto: è il modo migliore per recuperare fiducia. Il mio futuro? Presto si saprà». Non c’è vena polemica nei confronti dell’Inter, anche perché nella prossima settimana Toldo incontrerà i dirigenti di via Durini per discutere il rinnovo del contratto scadente il prossimo giugno: gli è stato offerto un triennale a 2 milioni annui, rispetto ai 3,5 attuali. Un’occasione da non perdere per un 34enne come il portiere nerazzurro.


Toldo, che in fase di mercato era appetito da Fiorentina e Palermo e che non sembrava (e non sembra) insensibile alle sirene milaniste, ha apprezzato questo rinnovato amore da parte dell’Inter. E malgrado l’attuale preferenza di Mancini per Julio Cesar, sarebbe disposto per il futuro a fare senza mugugni la riserva, pronto a sgambettare il brasiliano per riconquistare il posto.

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